Il cammino di Arek Milik

Il sinistro è caldo e freme, è pronto ad esplodere da un momento all’altro. Ha voglia di fare, di strafare. È l’impeto di chi s’è perso qualcosa e ha intenzione di recuperare. Anzi: è l’impeto di chi s’è visto sottrarre qualcosa di prezioso. Dalla sfortuna, dalla sorte avversa, da qualche disegno che neppure Arek Milik sa spiegarsi.

È di lui che parliamo. D’un ragazzo che a soli 24 anni ha già un vissuto pesante sulle spalle. Talvolta si tende a pensare che i calciatori siano macchine incapaci di provare emozioni. O che quanto meno dovrebbero reprimerle, in virtù del proprio conto in banca. No, le emozioni hanno invece travolto Arek come un uragano nell’ultimo anno e mezzo.

Ha sacrificato tanto, ha dovuto ricostruire quanto il fato ha provato a demolire. Forse, un aspetto positivo c’è: ne ha guadagnato in tempra e in esperienza. I due infortuni al ginocchio lo accompagneranno per il resto della sua carriera. Sta a lui stabilire se lo tormenteranno o se lo sproneranno a dare il meglio di sé.

Per ora, l’Arek versione araba fenice che Napoli si sta godendo è uno spettacolo tutto nuovo. Dal suo ritorno già tre goal, quattro totali in campionato, cinque in tutte le competizioni, tredici da quando è a Napoli. Numeri che non appartengono a un attaccante ma che mostrano il potenziale da centravanti del ragazzo. Tecnicamente non è appariscente o raffinato, eppure nel suo sinistro e nell’abilità aerea si trovano le garanzie e le speranze di un Napoli in ricostruzione.

Forse riuscirà ad esplodere definitivamente. Arek è il perno su cui il Napoli vuole costruire l’attacco del prossimo anno, un centravantone vecchio stile dall’indomabile fiuto del goal. Intanto lui si gode la città, s’è ambientato alla grande, mastica l’italiano. Non ha nessuna intenzione di andarsene: è una delle poche certezze su cui ricostruire, in un momento in cui l’isteria collettiva regna e il terrore di assistere ad un esodo è vivo nei tifosi.

Ora, il Mondiale: per dimostrare che nonostante la sorte avversa si può realizzare qualcosa di importante. Russia 2018 è il coronamento di un cammino in salita e pieno di insidie. In cima, però, c’è una ricompensa speciale, da godersi senza fretta. Il peggio è alle spalle, il cammino – intanto – ha insegnato tanto. Ora, è tempo di riscuotere.

Vittorio Perrone

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