A Napoli, la storia di “Felippo e ‘o panaro” la conoscono tutti, ma proprio tutti

Sempre delicato l’argomento europeo in casa Napoli, ed il momento che la squadra di Maurizio Sarri sta vivendo, figlio di due risultati negativi nelle ultime due gare con Roma ed Inter, non può che alimentare i rimpianti, spesso ingranditi e sensibilizzati, dei tifosi partenopei.

Felippo e ‘o panaro

È nei detti antichi e negli antichi proverbi che si nasconde una saggezza popolare spesso dimenticata dalle nuove generazioni. Esistono espressioni in grado di spiegare, con poche e semplici parole, condizioni tipiche di vita altrimenti difficili da identificare. Ed anche il calcio non può esimersi.

Tra queste Avimmo perduto a Felippo e ‘o panaro” la cui traduzione letterale può essere sintetizzata in “Abbiamo perduto Filippo e la cesta”, è quella che più rispecchia lo stato d’animo della tifoseria azzurra. Con questa espressione, coniata ovviamente all’ombra del Vesuvio, i napoletani sono soliti indicare situazioni di incertezza in cui, il troppo indugio, comporta una perdita di entrambe le scelte a disposizione comportando così, oltre al danno, anche la beffa.

L’espressione sembra risalire ad un’antica farsa pulcinellesca nella quale, un nobile di nome Pancrazio, dopo aver affidato una cesta piena di cibo al suo servo Filippo, si avvia verso casa aspettando l’arrivo dell’uomo. Una volta in possesso della prelibata cesta però, il malfido servo Filippo, in compagnia dei suoi amici, se ne andò a spasso per la città divorando tutte le prelibatezze che c’erano nella cesta. Una volta dilapidata ogni pietanza Filippo, intimorito dalle possibili reazioni del padrone, si diede alla fuga, lasciando il padrone tradito e affranto a crogiolarsi nel dolore di aver perso oltre al servo, un’intera cesta di cibo.

Un detto antico che il Napoli conosce molto bene

E farà in modo di non dimenticarlo, per nessun motivo al mondo. Perchè il pareggio di ieri sera con la Spal ha cambiato inaspettatamente le carte in tavola, di nuovo. Due punti persi dalla Juventus che possono esser edecisivi in vista dello scontro diretto. Prima nemmeno vincere la trasferta allo Stadium avrebbe dato garanzie di rimonta, ad oggi invece può essere un crocevia decisivo per la testa della classifica. Perchè con un successo stasera, gli azzurri di Maurizio Sarri possono portarsi a sole due lunghezze dai rivali bianconeri. Insomma, alla portata dei 90 minuti.

I due risultati negativi con Roma ed Inter sono stati una botta pesante per tutta la squadra: l’Europa League ora non c’è più, è andata, e anche Sarri sa bene che la testa fissa al campionato può aver influito, in particolar modo nella gara d’andata. Ma c’è stato un fatto, davvero poco considerato negli ultimi, criticatissimi giorni degli azzurri: la storia di Pancrazio, Filippo e del panaro è nata a Napoli, è un patrimonio dei napoletani. Tutti conoscono quella storia, dai tifosi ai giocatori, passando per la dirigenza.  Una storia che a Napoli è da sempre nella vita quotidiana, nei piccoli gesti, in ogni vico. La paura di rischiare, il senso di preoccupazione, a Napoli prendono il nome di “Felippo e ‘o panaro”.

A Napoli non commetteranno lo stesso errore di Pancrazio, non si crogioleranno nella proiezione dei 100 punti in campionato. Il pareggio di ieri ha solo ricordato agli azzurri quello che già sapevano: non bisogna commettere gli stessi errori del passato, da storie come quelle di Pancrazio c’è solo da imparare. Il panaro è stato già perso, ma per una questione di scelte: ora bisogna tenersi stretto stretto Filippo, come se fosse un figlio più che un servo.

Ma il panaro è già stato perso, e non torna più

Ma non sarà un pareggio di altre squadre a giustificare il pessimo score europeo del Napoli quest’anno. Su stessa ammissione di Maurizio Sarri, la testa dei giocatori azzurri ha sempre avuto come priorità il campionato di Serie A. Tutto in regola, dato il +4 sulla Juventus che la classifica raccontava sole due giornate fa. Poi, Inter e Roma avevano trasformato il +4 in un -4: l’Europa League non c’è più, non ha biglietto di ritorno e vede il Lipsia continuare a gareggiare con tutte le forze nella competizione.

Si, proprio quel Lipsia che non ha mai spaventato gli azzurri ne i loro tifosi, quel Lipsia che su 180 minuti ha sofferto per 120, ma che è riuscita a strappare il pass per il turno successivo nonostante un avversario di livello superiore, quale possiamo considerare il Napoli di Sarri. Le motivazioni, nel calcio contano tutto. Lipsia ne è stato l’esempio più limpido, riassunto nei minuti finali della gara di ritorno, dove con un Napoli all’arrembaggio i tedeschi hanno stretto i denti, come se stessero difendendo i propri figli da un mostro cattivo, che vuole portarglieli via. Quei figli che hanno tanto sognato, qui figli che significano coronare il proprio sogno, quei figli frutto di un lavoro straordinario fatto negli ultimi anni. Un lavoro motivazionale, Ranieri con il Leicester ne è l’esempio più celebre. Che gli ha permesso di superare un Napoli che si, nella gara di ritorno ci ha provato in tutti modi, ma che nella gara d’andata ha dato l’impressione di non mettere tutto ciò che aveva in campo. A partire dai più giovani, come Diawara, praticamente decisivo ai fini dell’eliminazione.

E se al posto del Lipsia ci fosse stato il Napoli? Sarebbe bastano un gol in più nella doppia gara, oppure un errore in meno dei singoli, in primis Diawara. Nulla di imponderabile, insomma. Dopodichè, Zenit, Marsiglia. Alzi la mano chi, a Napoli, avrebbe timore di sfidare queste due compagini. Ed alzi la mano chi, nella doppia gara fra Napoli e Lipsia, ha notato una superiorità da parte dei tedeschi. Onestamente, non ci sembrava davvero fuori portata.

a cura di Alessandro Cangiano

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