La profezia di Ottavio Bianchi: “Napoli, è l’anno buono. Lo dicono i numeri”

Ottavio Bianchi, storico artefice del primo scudetto azzurro, ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport, parlando della città e della squadra che gli sono rimaste nel cuore.

I rapporti creati a Napoli. “A Napoli sono stato giocatore, allenatore e anche dirigente, quando scelsi Lippi prima e Simoni poi. In nessuna altra parte al mondo ho incontrato la cultura, la signorilità, l’intelligenza che ho trovato a Napoli, dove ho stretto amicizie lunghe una vita, come con Enrico Verga, dirigente del club. Napoli mi ha arricchito e mi ha dato moltissimo. Ho nella testa e nel cuore il coro che i 70 mila del San Paolo mi dedicarono. Accadde nel maggio dell‘88, in occasione dell’ultima partita con la Samp, al culmine del periodo in cui c’era chi non mi voleva più in panchina

Il comunicato dei giocatori contro di lui. “A parte il fatto che era sgrammaticato, alla vigilia della gara qualcuno mi disse che allo stadio ci sarebbe stata una massiccia contestazione dei tifosi contro di me. Quando entrai in campo, invece, il San Paolo cominciò a scandire ripetutamente il mio nome. Non l’ho mai dimenticato“.

Il pronostico di Ottavio Bianchi. “Io sono di parte e la premessa è doverosa. Ma non è per questo che affermo: Napoli, è l’anno buono. E non per la legge statistica dei grandi numeri, ma per i grandi numeri della squadra di Sarri. Non lo conosco, devo dire che è bravissimo E’ un piacere vedere in azione il suo collettivo. Giocano tutti a memoria. Il calcio è una cosa semplice: quando uno ha il pallone e tutti gli altri restano fermi, non vai da nessuna parte; quando uno ha il pallone e gli altri si muovono sapendo ciò che devono fare, è tutta un’altra musica. E’ quella che suona il Napoli. Quest’anno gioca per vincere lo scudetto“.

Impegno di Europa League. “L’ambiente è unito, la stessa eliminazione dalla Champions League è stata assorbita bene. Ricordo che, quando perdevamo una partita di troppo, Pesaola faceva finta di dare le dimissioni così noi lo invitavamo a ritirarle. Nel settembre dell’86, quando Diego sbagliò il rigore decisivo e il Tolosa ci eliminò nel primo turno di Coppa Uefa, le critiche furono talmente aspre che, rientrato a Napoli, dissi alla mia famiglia: tornate a Bergamo. Adesso c’è il Lipsia e si discute tanto se Sarri debba trascurare l’Europa League, ma in questo momento l’Europa League non conta niente rispetto al campionato. Se un giocatore riporta anche solo un microtrauma, non ha il tempo per recuperare visto che si va in campo ogni tre giorni. E la Juve, per contro, ha una rosa tale che le permette di fronteggiare ogni emergenza“.

 

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