De Laurentiis: “I club ostaggio negli stadi. La mia verità su Lo Russo e Genny ‘a carogna. Il San Paolo un cesso, in Italia funziona che…”

Il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, è stato ascoltato intorno alle 14.30 presso la Commissione parlamentare Antimafia, presieduta da Rosi Bindi, a puro scopo conoscitivo, per capire le infiltrazioni del crimine organizzato all’interno del mondo del calcio.

Queste le parole del patron azzurro: “Dall’81 esiste una legge, la 91, che non è mai stata aggiornata, io la abolirei. Veltroni, durante un governo Prodi, correttamente ha voluto trasformare le società in società per azioni con scopi lucrativi, evitando che diventassero terreni fertili per salire in alto, come se fossero poltrone politiche. Ci fosse stato un presidente di Lega che avesse sposato questa tesi: c’era solo un gioco di poltrone, coi vari Matarrese e company per spartirsi le poltrone tra una presidenza di Federcalcio e Lega. Con l’arrivo di Lotti pensavo che le cose potessero cambiare. bisogna fare tabula rasa. La Serie A fattura due miliardi l’anno, il calcio italiano è caduto così in basso anche per lo strapotere di Real e Barcellona che, quando dominavano Inter e Milan, non erano così potenti. Andrebbe imitato il calcio inglese, anche dal punto di vista legislativo, con la svolta che ha avuto con l’avvento della Thatcher che ha ripopolato gli stadi, creando un circolo virtuoso. 

LO RUSSO A BORDOCAMPO – Non era latitante all’epoca. Tendo a distinguere ogni situazione dall’altra. Ogni curva in Italia ha le sue logiche e la sua filosofia. Il problema è dello stato, non dei club, il poter sindacare sull’esistenza di individui appartenenti a gruppi legati al crimine organizzato. Questo è un problema legislativo. Il club semmai può fare tutti gli sforzi richiesti dalla legge per allontanare chi crea problemi, tramite l’ausilio di metodi come la tessera del tifoso, che ha poi allontanato gli abbonati. A Napoli, città calcistica, ci sono solo seimila abbonati.

I LIMITI DEL CALCIO ITALIANO – Non esiste una legislazione di aiuto per gli stadi: dal 1990 non ci sono stati interventi. Lo Stadio San Paolo è un cesso e tale è: ho dovuto spendere dei soldi di tasca mia per riqualificare alcune strutture ed edifici altrimenti le famiglie dei calciatori nemmeno il bagno per i propri bisogni potevano avere! Non ho la bacchetta magica e nemmeno la presunzione di dire che saprei fare tutto. Un tavolo di sei persone, chiuse per tre giorni, potrebbe servire. Dobbiamo trovare un incontro per un futuro finora mai fondato. Non sapevo nulla di calcio, sono partito dalla C: da Hollywood, dove lavoravo con Angelina Jolie, sono arrivato agli sputi di Martina Franca. Ridevo, poi la stessa cosa succedeva in B. In Serie A c’è un caos unico e totale: manca una mentalità giuridicamente valida.


SUI FATTI DI ROMA – Io non ho mai conosciuto Genny ‘a carogna. Allo stadio trapelava la notizia della morte di Esposito e la curva del Napoli era in subbuglio – si apprende dal Mattino -. C’era grande agitazione, i tifosi volevano fare invasione di campo. Ero in tribuna e a un certo punto sono andato dall’allora prefetto Pecoraro per invitarlo a fare una comunicazione e dire che il ragazzo non era morto. A quel punto la questura di Roma accompagnò il nostro capitano Marek Hamsik sotto la curva per cercare di spiegare lo stato delle cose a questi signori”.

La Bindi ha annuito: “È stata saggia la scelta di interloquire con la tifoseria, non si poteva fare altrimenti, ma il problema che deve porsi è: se Genny la carogna è in grado di avere questa autorevolezza, la società, attraverso le sue figure, deve avere una garanzia di non aver a che fare» con questi personaggi”.

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