Carattere, grinta e spettacolo. Trascinatore, il migliore in campo per SpazioNapoli è…

La serata più dura, perché la Roma agguanta la seconda piazza nel finale a Marassi, perché nella perfida Albione – complimenti dovuti, a scena aperta – sta per diventare realtà un sogno chiamato Leicester. Stima, certo, ma anche amarezza ed una punta d’invidia perché in riva al Golfo tutto è svanito allo Stadium più di due mesi fa, con una conclusione perfida di Zaza a tempo quasi scaduto. Una serata difficile, sotto una pioggia battente, torrenziale, contro un avversario storicamente insidioso, guai a sottovalutare il minimo dettaglio. Missione compiuta, con un brivido nel finale, e 5 giorni per preparare al meglio la gara contro il Torino, all’ombra della Mole l’ennesimo bivio decisivo, con il margine d’errore ormai svanito nelle sconfitte esterne in serie contro Udinese, Inter e Roma.

Vittoria di misura per un Napoli che avrebbe meritato di regolare gli uomini di Reja con un passivo ben più ampio. Tre punti che partono dalla sicurezza di una retroguardia mai in sofferenza, sul velluto Albiol – l’autorete è cattiva sorte e nient’altro – ennesima prestazione sontuosa per Kalidou Koulibaly. Rapido e potente, una pantera che azzanna pallone ed avversari, nessun prigioniero, a vincere, dominando, è sempre lui. Più di tutti vero e proprio marchio di fabbrica nella stagione di Maurizio Sarri, strepitoso in marcatura e nei recuperi in velocità. Rapidità che utilizza in entrambe le fasi, cavalcate incontenibili nel dna, ed è da uno spunto dei suoi che i binari della gara prendono la direzione dei tre punti di platino, essenziali.

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Lotta serrata a metà campo. Trio azzurro sugli scudi. Dal lavoro oscuro, accorto e ragionato di Jorginho, impossibile scorgere un errore impostazione. Fonte continua, senza sosta, anche quando la mediana offre minimi spazi. Accorto in fase di non possesso, privando di ossigeno ed idee i propri dirimpettai orobici. Allan è incontenibile, irrefrenabile, tirato a lucido per il rush finale. Il fiatone al cambio, anzitempo, dell’Olimpico è un ricordo lontano. Lotta costante, su ogni pallone, raddoppi con cadenza matematica. Se c’è da dare manforte ai compagni a destra come a sinistra, la presenza dell’ex Udinese è una certezza. La solita smisurata mole di palloni recuperata, ma non solo, polmoni per quattro anche quando c’è da ripartire e affondare, solo la sfortuna non gli concede la quarta gioia stagionale con il suo destro che ancora risuona sul montante difeso da un ottimo Sportiello. Onori di rito, doverosi, per Marek Hamsik, 400 presenze celebrate con la benedizione di due leggende della storia partenopea: Bruscolotti e Vinicio, passato, presente e futuro, con il Napoli come seconda pelle, oltre origini e nazionalità. Serata di festa che avrebbe meritato molto più di un San Paolo che definire semivuoto rappresenta un eufemismo. Il capitano azzurro risponde tonico, come abitudine nelle gare casalinghe – meno nelle ultime uscite lontano da Fuorigrotta – e al decimo ha già servito a modo suo, lob vellutato e preciso ad incrociare, il nono assist stagionale confezionando il vantaggio azzurro. Quando parte a testa alta crea il panico, sebbene il ritmo della sua prestazione non sia ossessivo, la rete sfugge in un paio di ghiotte occasioni. L’appuntamento con i record è ancora rimandato, ma va bene così.

Callejon si disimpegna, al solito, in entrambe le fasi. Contro gli orobici l’ennesima prestazione tutta corsa, recuperi a perdifiato e intelligenza tattica. Spazio, anche, agli affondi offensivi. E quando scatta tra le linee è sempre un patema lungo la schiena della linea difensiva di Reja. Il tredicesimo squillo stagionale sfugge con un pallonetto alto di poco, rimedia con un tocco praticamente perfetto ad ispirare il raddoppio che chiude la gara. Sesto assist stagionale per lo spagnolo. Onore e gloria, nel Monday Night del San Paolo, vanno tutti, come ovvio, a Gonzalo Higuain. Ira funesta riposta finalmente in campo dopo la furia di Udine, la gara contratta di Roma alle spalle. Solita qualità infinita, il tracciante che Insigne spreca con un pallonetto forzato è da cineteca. Poi, ecco due goal da centravanti puro. Vantaggio oltre la linea, assist al bacio e volèe di destro che non lascia scampo a Sportiello da due passi. Raddoppio di testa, stacco perentorio preciso, ben angolato. A distanza di un’ora apre lo spartito e attinge a tutto il proprio, immaginifico, bagaglio da attaccante di razza purissima. Punta da 32 reti stagionali, ad un’incollatura di Angelillo, tre lunghezze dal record di Nordahl del 1949. Senza le tre giornate di squalifica avrebbe, forse, sbaragliato ogni record. La sfida è ardua, a due gare dalla fine, ma gli obiettivi sono due, da perseguire fino alla fine. Torino, stavolta, è un appuntamento a cui non mancare.

Edoardo Brancaccio

 

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