GRAFICO – Mertens e Insigne, numeri a confronto. Il dualismo come arma in più sull’out mancino

Un attacco pirotecnico, un crogiolo di classe ed efficacia che si abbina e dipinge splendore puro. Del resto 98 reti stagionali non si raggiungono per caso. Qualità degli interpreti e idea di gioco propositiva, dedita allo spettacolo. Interpreti, dicevamo, dalla strabiliante stagione di Gonzalo Higuain, passando per i numeri da cecchino di Manolo Gabbiadini, in media perfetta come il suo collega argentino. L’affidabilità di Josè Maria Callejon e la freschezza di Omar El Kaddouri, sempre pronto quando chiamato in causa nel ruolo cucitogli addosso quest’estate a Dimaro. Ma è sull’out mancino che il duello più acceso, dilemma per Maurizio Sarri, si propaga e si esprime. Due esterni d’attacco dalle peculiatà differenti ma tanto simili nell’apporto alla causa: Lorenzo Insigne e Dries Mertens, luce per gli occhi del pubblico partenopeo, frecce che che sibilano velenose, percorrendo fascia mancina con efficacia e imprevedibilità.

Il confronto. Linee parallele, rapidità di passo ed escuzione, dribbling secco e capacità di tiro fuori dall’ordinario. C’è tutto nel bagaglio dei due folletti a disposizione del tecnico ex Empoli, un duello che non sboccia quest’anno, s’intende, che si propone fin dall’approdo in riva al Golfo dell’ala ex Psv. Punti comuni anche nei difetti, entrambi non in possesso di una prorompente fisicità. Minuti ma, quando in giornata, imprendibili. Benitez o Sarri, poca differenza, la sfida è tutta lì, sulla fascia mancina, premessa l’intangibilità per ruolo e caratteristiche di Callejon sul lato opposto. Dualismo a suon di strappi subitanei e giocate da urlo. Più esplosivo il belga, ma sfida spesso appannaggio di Insigne, che dal tecnico madrileno ha appreso al meglio i dettami del lavoro in fase di non possesso, imprescindibile nel calcio moderno. Più anarchico, dedito allo spunto costante Mertens, ma anche su questa caratteristica Sarri ha lavorato a dovere, riscontrando una crescita costante nei progressi del numero 14 di Leuven. Concorrenza, che del resto, porta alla qualità, sciorinata con costanza nei numeri della stagione di entrambi gli atleti. Sono 38 le presenze per il numero 24 di Frattamaggiore, 36 per il belga, ampio però il divario nel minutaggio: 2.614′ giocati per il prodotto del vivaio azzurro, 1531′ per Mertens. L’impatto a partita in corsa di quest’ultimo è assodato, spesso diametralmente opposto a quanto certificato dal primo minuto: 24 presenze da subentrato per Mertens, 29 da titolare per Insigne. Cifre statistiche che mettono a fuoco l’immagine, limpida al cospetto dello score da urlo per entrambi gli azzurri: 13 reti e 11 assist per Insigne, il primo in Europa – nei maggiori campionati – a raggiungere la fatidica doppia/doppia. Tiene il passo Mertens: 11 reti e 6 assist corroborati dalla prestazione monstre contro il Bologna al San Paolo. Simile anche la media nei passaggi riusciti, 80,2 a 76,2% appannaggio del pupillo di Giuseppe Santoro che Walter Mazzarri fece esordire in A contro il Livorno, dato comunque influenzato dal minutaggio indubbiamente maggiore.

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Il dilemma. Dati eloquenti, che attestano quanto dal primo minuto la scelta di Sarri sia quasi esclusivamente caduta su Insigne. Impiego costante che ne ha, va detto, minato lucidità e freschezza nella ultime uscite. Di converso, il segnale – già accennato – lanciato da Mertens nel risultato tennistico rifilato al Bologna di Donadoni, rappresenta senza alcun dubbio un vero e proprio razzo di segnalazione, abbagliante, luminoso. Tripletta, pallone a casa e un sontuoso assist per il vantaggio di Gabbiadini, per non farsi mancare nulla. Guanto di sfida evidente in vista della sfida dell’Olimpico, novanta minuti da dentro/fuori con due risultati su tre a favore dei partenopei. Il belga ha spesso dimostrato di poter spaccare le gare in corso d’opera, capace di un impatto unico a partita in corso. Ma richiamare nei ranghi questo Mertens resta decisione ardua, difficile. Il tarlo del dubbio che s’insinua e che accompagnerà il tecnico partenopeo fino agli ultimi istanti antecedenti la gara contro i giallorossi. Roma tappa decisiva, salita in cui imprimere gli ultimi sforzi sui pedali per chiudere i giochi. Ultimo, probante, ostacolo, con la possibilità di chiudere con serenità – ed ampio anticipo – un’annata che nonostante tutto resta entusiasmante. La scelta passa a Sarri, tra dubbi ed orgoglio, l’abbondanza non è, non sarà mai, un limite.

 

Edoardo Brancaccio

 

 

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