Il primo ad abbandonare la nave. Irriconoscibile, il peggiore in campo per SpazioNapoli è…

Un naufragare, amarissimo, in terra friulana. Dove i sogni si spengono in maniera quasi definitiva. Solo la matematica a sibilare la minima speranza. L’obbligo, alle porte delle Idi di marzo, di badare in primis al piazzamento Champions diretto, un secondo posto essenziale in termini progettuali, unico risultato – ora – accettabile dopo un’annata che resta importantissima. Tutto da conquistare.

Amaro in bocca, dunque, figlio di una prestazione in cui gli azzurri sono sempre apparsi non all’altezza, da qualsiasi sfumatura si guardi la prestazione della Dacia Arena. Il turbinio di sensazioni, umori e resa sul rettangolo di gioco che tratteggia i novanta minuti di Gabriel ne è la perfetta trasposizione. Reattivo, perfetto, in più occasioni nella prima frazione di gara. Decisivo nell’ipnotizzare Bruno Fernandes dal dischetto. Eroe di giornata, o quasi. Fino a dissipare tutto con un errore madornale. Stop inopinato e uscita maldestra, tentazione troppo ghiotta per Zapata che serve Fernandes, sempre lui, a porta completamente sguarnita. Un macigno che spezza le gambe ad un soffio dal duplice fischio e di fatto compromette la gara. Irriconoscibile Koulibaly, giusto qualche intervento prezioso per rammentare scampoli di prepotenza fisica, ma tante, troppe, immani e inaspettate difficoltà. Affanni nel contenere l’ex compagno colombiano, peggio, se possibile, nelle chiusure a sparigliare gli affondi dei sempre insidiosi centrocampisti avversari. E proprio lo spunto di Badu, prontissimo nel raccogliere l’invito propizio dalla destra, l’inizio della fine. Lento, in totale ritardo il franco-senegalese, giallo giusto, così come il rigore che segna il vantaggio friulano.

Non va meglio nella zona nevralgica del campo, anzi è lì che i buchi mutano in voragini inarginabili. Allan fa quel che può, ma la battaglia in solitaria alla fine presenta il conto. Jorginho incappa nella peggiore gara dell’anno, quasi a rivedere le prestazioni impresentabili sciorinate la scorsa stagione. In difficoltà in ogni frangente, grazie – anche – all’ottimo lavoro in pressione degli avversari. Il cuore del gioco azzurro passa dai suoi piedi, del resto, e ad una gabbia simile l’italo-brasiliano non riesce a trovare le contromisure. Una sequenza di errori: dalla gestione del possesso – di certo non aiutato dalle condizioni del terreno di gioco – all’intuizione in verticale. Mai la scelta giusta, un crogiolo di giocate errate che stride con l’apporto essenziale che l’ex Hellas riveste a metà campo. Quando c’è da far filtro, poi, non va di certo meglio. Gli avversari lo travolgono, un passo ingestibile e che finisce per ridurre il regista partenopeo a mera comparsa. In tema di comparse è impossibile non puntare l’indice in avanti, sul mancino, dove Insigne latita fino al momento della sostituzione. Indolente, persino frustrante la prestazione del talento di Frattamaggiore. Se qualche conclusione sparacchiata nelle tribune nuove di zecca dell’impianto dei friulani rappresenta il meglio della gara del numero 24 un motivo c’è. Racchiuso in una gara dove Insigne è sempre vittima, mai carnefice, sempre preda, mai cacciatore. Travolto sull’esterno da un Widmer in giornata di grazia in entrambi le fasi di gioco.

Insigne Ghoulam

Lo specchio della disfatta negli occhi, nelle gambe, negli errori e nelle mancanze di due azzurri in particolare. L’ombra di Marek Hamsik passeggia in maniera disarmante in campo. Il chiavistello delle avanzate azzurre resta ben riposto, mai in grado di imprimere alle offensive il verso giusto. Un solo guizzo, di testa, a cinque dalla fine. Il nulla, nella gara più complessa. Capitano, mio capitano, così non va. In fase di non possesso poi, se possibile, la musica è anche peggiore. Fermo sulle gambe, raramente nella giusta posizione, sempre secondo nei contrasti. La vittoria degli uomini di De Canio, comunque, passa da un dominio pressoché assoluto sulla fascia destra. Da quelle parti dovrebbe esserci la guardia di Ghoulam, il peggiore in campo. Condizionale doveroso, perché il lunch match ha raccontato l’opposto. Widmer ne fa a fette autostima ed equilibrio. Per nulla aiutato da Insigne, certo, ma il panico su ogni offensiva dello svizzero resta inaccettabile. Un buco clamoroso propizia l’azione del rigore del vantaggio, un fallo da rigore – sventato da Gabriel – e, per non farsi mancare nulla, la chiusura della prima frazione di gara sentenziata dal retropassaggio al veleno per Gabriel. Nella ripresa la prestazione non si sposta di una virgola, costretto a rincorrere, e a tremare, sugli affondi avversari. Tutto, come se non bastasse, condito da una spinta inesistente. Una gara in cui le sufficienze stentano, il peggior modo possibile di concludere una settimana scandita dalle polemiche, a suon di comunicati e dichiarazioni al vetriolo. Ora inizia un altro campionato, da affrontare a testa alta. La Champions diretta, dopo un’annata simile, non può sfuggire. Sarebbe un delitto.

Edoardo Brancaccio

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