Pradelli (SM): “Sarri genuino ed innovativo, la chiave è il rapporto con Higuain ed il gruppo. Benitez? Errore di ADL. Berlusconi è il vero freno al cambio di società. E su Galliani e Mihajlovic…”

Anno nuovo, tra campo e mercato. Gennaio è anche questo: tecnici e giocatori ad innestare la giusta marcia in una stagione che si appresta a raggiungere il proprio apice, tra campionato e coppe, ed il lavoro, costante, delle dirigenze chiamate ad intervenire e rimodellare. Perché la storia, magistra vitae, insegna che dalle intuizioni invernali in sede di mercato possono passare significativi crocevia stagionali, la flebile soglia che separa ciò che è stato da ciò che poteva accadere, mica poco. Il menù offerto dal panorama calcistico del belpaese non lesina spunti, il calcio spumeggiante, e proficuo, dalla nobile provincia. La sterzata in casa Roma, con il ritorno di Luciano Spalletti, l’ultimo tecnico ad abbinare titoli e bel calcio sulla riva giallorossa del Tevere. La Juventus serafica, come consuetudine, divisa tra una repentina rincorsa – per alcuni insperata – in classifica e una programmazione in continua evoluzione. Il Napoli di Maurizio Sarri chiamato ad attestare, definitivamente, una completa maturità dopo il platonico titolo di Campione d’inverno. Palla, che scotta, alla dirigenza, con l’imperativo di arricchire una rosa di livello ma perfettibile, regalando alternative ad un contesto che il tecnico ex Empoli ha avvicinato ai crismi della perfezione, tra classifica e spettacolo sul rettangolo verde. Il Milan, tra gli alti e bassi della gestione tecnica, con Mihajlovic – sempre in bilico – che conquista una semifinale di Coppa Italia dal profumo, per nulla nascosto, di finalissima capitolina ed un sussulto di movimenti di mercato che si unisce ad una vicenda societaria ancora tutta da decifrare a chiare lettere. Temi analizzati con il direttore di SpazioMilan.itChristian Pradelli, contattato dalla nostra redazione.

Un 2016 che si pone in continuità con l’anno appena concluso, squadre come Fiorentina, Sassuolo, Empoli – tutte con le dovute proporzioni – in grado di raccogliere risultati persino sorprendenti con la forza del bel calcio. Un’inversione di tendenza per il calcio italiano?

La Fiorentina è fin troppo sottovalutata, credo che in un campionato come questo, la dimostrazione la dà l’Inter, la Juve lo stesso Napoli la prima volta che si è trovata in vetta, la differenza la facciano soprattutto le tensioni e dover mantenere il risultato è stato difficile per tutti. L’aspetto positivo della Fiorentina è che ha una buonissima squadra ed una piazza con meno pressioni rispetto alla grandi. Credo che la miglior condotta sia quella dei Della Valle insieme a Paulo Sousa, in grado di ottenere ottimi risultati con il giusto profilo, senza isterismi quando i risultati in qualche occasione possono stentare. Il Sassuolo merita un discorso a parte, l’Empoli è la prosecuzione del lavoro dello scorso anno con Giampaolo che ha fatto quello che un po’ accadde ad Allegri nella scorsa stagione tra Serie A e Coppa italia. Quella dei neroverdi è l’attestazione di una crescita di un gruppo pazzesco in grado di tirare fuori le proprie motivazioni. Non sono sorpreso, lo ero – negativamente – quando Squinzi decise di cacciare Di Francesco ai tempi.

A Roma è arrivato il tanto atteso cambio di panchina, con Spalletti i giallorossi saranno in grado di rilanciarsi tra le più accreditate contendenti per il campionato? C’era solo lo zampino di Garcia nelle difficoltà accusate dal gruppo che in maniera unanime era riconosciuto tra i favoriti della Serie A?

Se può tornare dipende dalla disponibilità di Spalletti, in tanti dimenticano che il suicidio della Roma è avvenuto questa estate, con il gruppo di lavoro di Garcia non confermato. Il suicidio di Pallotta, Baldissoni e Sabatini. Garcia in 95 panchine di Serie A ne ha perse solo 14, ne ha vinte – però – solo 57, ricordiamo la prima stagione dove con una Juventus normale avrebbe potuto anche portare il titolo a Roma. Un problema soprattutto legato alla piazza, l’emblema dei tre anni di Garcia è la gara di Leverkusen, che ha attestato tutta la forza della Roma ma anche la poca tenuta del gruppo. Finchè Garcia, comunque, ha avuto il suo gruppo di lavoro è andato alla grande, se uno analizza la Roma – una squadra ancora chiamata  a plasmarsi – è la squadra più forte, questa la netta differenza con la Juve che parte comunque da un gruppo rodato.

Clima diametralmente opposto all’ombra della Mole con la Juventus in grado di effettuare una rimonta da molti inaspettata, almeno come celerità. Conosci bene il tecnico livornese, quanto c’è del suo manico nella progressiva crescita del nuovo corso bianconero?

C’è molto di Allegri, anche perché la Juve ha cambiato molto, alzi la mano chi avrebbe pensato che i bianconeri sarebbero riusciti a riplasmarsi in così poco tempo. Era auspicabile dopo la partenza di giocatori come Tevez, Vidal e Pirlo una difficoltà iniziale. Il vantaggio di Allegri è stato quello che la sua Juve ha vissuto lo stesso percorso del suo Milan, il recupero di punti entro Natale ricorda quanto accadde nella stagione post scudetto, con i rossoneri che si trovarono 7 punti in più sulla Juventus. Quello che avvantaggia Allegri è che ha maturato ormai esperienza in questo senso, quanto accaduto domenica è un presagio che ricorda cosa accadde a Milano quando perse uno scudetto pazzesco per i valori di quel campionato. La differenza, quest’anno, è che questo Napoli è più forte, di quella Juve.

In casa rossonera, prima ancora dell’aspetto tecnico, è all’indice la querelle societaria. Alcuni tra gli addetti ai lavori persino dubitano della veridicità di una trattativa per il club. Cosa c’è di vero e, invece, dove si ferma tutta la dietrologia?

Di vero è che c’è una persona, Bee Teachaubol, un broker che ha rapporti molto fitti con Licia Ronzulli, eurodeputata e referente molto importante del Presidente, molto interessato alle vicende rossonere. C’è di vero che c’è stata un’offerta e, inoltre, c’è di vero che il presidente tratta da sempre il Milan come non tratta la politica e tutte le cose di casa Fininvest. Tutti aspetti che al momento hanno altri garanti: la sfera televisiva è in mano a Piersilvio, la Mondadori a Marina, quella editoriale al fratello, quella bancaria alla famiglia Doris. Il Milan resta nelle sue mani, posto il ruolo di Galliani, la verità è che se non ci fosse Berlusconi il Milan sarebbe già stato venduto, è vero che vorrebbe tenere la maggioranza, ma altra verità è che non vorrebbe neanche solo il 51%, per lui è una questione che non saprei definire, non so se di affetto o narcisismo. Oggi come oggi se non fosse Berlusconi il presidente il Milan sarebbe già stato venduto a mister Bee. Quando non sarà più in grado di gestire i propri affari credo che il Milan sarà la prima branca della galassia Fininvest ad essere venduta e spero non svenduta.

Una situazione complessa, in linea con la programmazione di mercato in casa Milan che da qualche anno a questa parte sembra vivere di intuizione, a tratti improvvisata, più che vera e propria organizzazione. Che mercato sta impostando la dirigenza rossonera?

La situazione al momento, chiuso l’affare Adriano, prevede un più 13 milioni a cui abbinare l’ingaggio del brasiliano. Tutto ruoterà molto attorno alla posizione di El Shaarawy, che non disdegnerebbe rimanere al Milan, certo per quanto accaduto a Monaco – al netto della combutta tra Mendes e il Fondo Doyen che mi sembra improbabile – qualche problematica intorno al ragazzo sembra esserci. Talvolta ci si accorge che la cessione di determinati giocatori alla lunga si siano dimostrate anche giuste, siamo in una fase storica del nostro calcio dove o crei tu il campione o le cifre sono talmente alte che è difficile prendere un talento di spessore. Basti pensare ad Higuain, che è il miglior giocatore della Serie A, mentre dieci anni fa sarebbe stato tra i migliori ma non di certo il migliore. Il livello si è abbassato, mentre le cifre si sono ampiamente alzate, paghi 20 mln Bertolacci, 30 Kondogbia. Per quanto riguarda il Milan, se dopo la cessione di Luiz Adriano riuscirà a vendere anche l’italo-egiziano potrà arrivare un innesto a metà campo. Anche se le ultime uscite hanno evidenziato quanto ci sia la necessità di trovare un compagno di Romagnoli.

Nonostante una corsia a dir poco preferenziale per la finale di Roma in Coppa Italia, dopo aver raggiunto le semifinali, la posizione di Mihajlovic appare sempre sul ciglio. Un bilico costante frutto di un percorso difficile in campionato, cosa sta pagando l’allenatore serbo in questi primi sei mesi di esperienza al Milan?

Credo paghi il suo carattere, ricordo però anche nella stessa situazione come era stato trattato Pippo Inzaghi, una bandiera rossonera, che ha scritto la storia, ma ai primi scampoli di esperienza in panchina. La differenza sta però negli investimenti, è stato speso tanto anche perché c’era l’impressione che la società che avesse un malloppo da dover liquidare. Tutti i grossi acquisti sono arrivati nell’arco di una settimana, sono state pagate clausole rescissorie, credo che comunque con questi innesti l’anno scorso non si sarebbero ottenuti risultati diversi. Un pregio di Mihajlovic rispetto ad Inzaghi è che il serbo è molto realista, si incazza, ma non ha la tranquillità di un Inzaghi che godeva dello scudo della società. Non è mai stato semplice essere allenatore del Milan, ora nel 2016 è ancora più difficile causa lotte intestine all’interno dello spogliatoio. L’impressione è che se Mihjalovic anche dia l’impressione di avere in mano il gruppo, questo non appare comunque particolarmente coeso. Credo che le responsabilità del tecnico siano legate a troppi problemi collaterali. Indipendentemente dal nuovo tecnico, perché credo che il serbo non sarà il prossimo allenatore, o si prende un allenatore top o chiunque avrà difficoltà anche nelle prossime stagioni.

Allenatori sempre sulla graticola, un avvicendamento costante a Milanello, ma la piazza non lesina critiche a chi viene realmente ritenuto il responsabile dell’attuale crisi vissuta dal club di Via Aldo Rossi: Adriano Galliani…

Due sono le critiche mosse a Galliani, la prima è che è un padre padrone, la seconda è che capisca poco di calcio. Galliani viene dall’imprenditoria, dalle televisioni, è stato dirigente del Monza ma ha sempre avuto una formazione diversa. Galliani si è dimostrato avvezzo al mondo calcistico, ma i risultati sono arrivati grazie alla vicinanza di tecnici in grado di guidarlo, di veicolare al presidente le idee dell’allenatore. Se un dirigente in 30 anni riesce ad avere tecnici come Sacchi, Capello, Zaccheroni nel suo piccolo, Ancelotti, allenatori di grandissimo spessore, i risultati sono una conseguenza naturale. Diverso, di certo, se hai a che fare con l’ultimo Allegri – che ha vissuto un periodo irripetibile in una fase di ricambio generazionale dove andarono via 8 giocatori che hanno scritto la storia del club- Seedorf, Inzaghi e in ultimo con un tecnico come Mihajlovic che non ha ancora vinto nulla. O trovi tecnici con cui poter condividere e portare a termine certe operazioni, come accaduto come Romagnoli, o incappi in grandi difficoltà, ti perdi in un triangolo che vede protagonista Roma e Genoa e i tifosi si arrabbiano. Ma Galliani è un Amministratore delegato, non un direttore sportivo. La situazione societaria è in uno stallo che al momento o porta alla cessione della società, oppure non capisco come qualcosa possa cambiare. Solo in caso di contingenze legate a tecnici e giocatori giusti, in grado di portare titoli ed entusiasmo. Il problema del Milan è che in questo momento sta vivendo la peggiore crisi del periodo Berlusconiano, un po’ quello che fu evitato nel 2009 con gli acquisti di Ibrahimovic e Robinho. Alla terza stagione nell’occhio del ciclone per un top club come il Milan il clima comincia ad essere pesante.

In riva al Golfo Maurizio Sarri è ormai un profeta, autore di un girone d’andata strepitoso da Campione d’inverno e di un percorso in Europa sfavillante. Qualche rimpianto? Il tecnico azzurro è stato molto vicino ai rossoneri prima dell’arrivo di Mihajlovic…

Io credo che mai come in questo periodo storico siano le coincidenze, gli episodi causali, a fare il bene delle squadre. Potremmo stare qui a parlarne per anni: è chiaro che De Laurentiis volesse Mihajlovic prima di Sarri, come il fatto che Galliani avesse spinto più su Sarri che su Mihajlovic, anche per il suo passato. Un po’ come il crocevia di Bonaventura, che si è rivelato tra i primi tre giocatori più convincenti al Milan ed era ad un passo dall’Inter. L’impatto di De Laurentiis con il mondo del calcio è stato importante, i risultati in Italia ed anche in Europa parlano per lui, se c’è stato un errore è stato quello di cercare con troppo anticipo, in maniera forse netta, una mentalità europea per la squadra. E farlo prendendo Benitez, un allenatore che ha vinto tutto ritenendo che fosse subito in grado di cogliere grandissimi risultati. Se però si va a riscontrare lo storico di Benitez si notano tante falle, palesate anche a Napoli. La scelta di Sarri è quella di improntare tutto su una cultura del lavoro che ricorda quella di venti anni fa, unendolo a metodi di allenamento innovativi. In più, su tutto, è emersa la rivalutazione di un campione come Higuain ed il rapporto costruito con l’argentino e con l’intero gruppo. Basti vedere i continui abbracci con il tecnico, che mi sorprendono sempre. Sarri abbina genuinità ed innovazione, il Napoli forse verso febbraio potrà avere una flessione, come accadrà alla Juve, all’Inter e alla Fiorentina. Lì i tifosi dovranno fare quadrato perché mai come quest’anno il Napoli ha l’occasione di vincere il titolo. Anche perché prima o poi la Juventus si fermerà. Il Napoli ha perso la metà delle partite dell’Inter e della Juventus, credo che questa possa essere una chiave importante. Una squadra che è riuscita a vincere tutti gli scontri diretti, l’unica difficoltà saranno le sfide con le big in trasferta.

L’appetito vien mangiando, storicamente la piazza partenopea è divisa tra sostenitori di De Laurentiis e chi gli implica, invece, di non aver saputo affrontare in passato l’avventura in azzurro con il giusto “rischio d’impresa”. Cosa manca al gruppo di Sarri? Quali sono le mosse giuste per poter spiccare il salto in questo mercato di gennaio?

Il Napoli parte da una base importante, molto più forte rispetto al passato. Ricordo il Napoli di Mazzarri, troppo discontinuo per l’altissima classifica, una difficoltà che difficilmente si vedrà quest’anno. Non credo che il Napoli abbia bisogno di grandi acquisti e grandi movimenti, ha bisogno solo di seguire, ascoltare, al 100% ciò che ha da proporre Sarri. Solo lui sa cosa può essere realmente necessario, la cosa cosa bella del tecnico azzurro è che ha in mano il gruppo in maniera totalizzante. Diamogli anche il beneficio, essendo alle prime esperienze d’altissima classifica, di qualche uscita di colore. Sul mercato azzurro non faccio nomi specifici, fino all’anno scorso ho sempre detto che il limite del Napoli era la difesa, valutazione ormai stravolta, gli azzurri non hanno problemi neanche in porta, a centrocampo e in attacco. Se riusciranno a fare quadrato con un gruppo di 25 giocatori nulla potrà essere precluso, basti pensare al percorso entusiasmante in Europa. 

 

Edoardo Brancaccio

 

 

 

 

 

 

 

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