Emblema di un gruppo che soffre, lotta e non molla mai, fino alla vittoria. Il migliore in campo per SpazioNapoli è…

Verona, sponda Chievo, tante, troppe volte fatale nella recente storia partenopea. Non oggi, non stasera, non per questo Napoli. Il gruppo di Maurizio Sarri emerge vittorioso dall’ennesima battaglia, contro un avversario che ha tenuto botta fino al triplice fischio dell’arbitro Massa, un undici coriaceo messo in campo da Rolando Maran in maniera egregia, la controparte che il tecnico partenopeo – come vaticinato nel dopo gara in terra danese – si attendeva. Tre punti dal valore inestimabile colti con l’anima, soffrendo e trionfando, come da pedigree delle grandi squadre, quelle che arrivano in fondo ai campionati giocandosi tutto.

Esame superato. Vittoria a reti inviolate, sintomo di una retroguardia ormai rocciosa, salvo qualche brivido da mettere in conto. A emergere è la lucidità di Raul Albiol, ormai tirato a lucido come nei primi scorci dell’esperienza partenopea. La guida sicura della retroguardia di Sarri, un bunker da soli 3 goal subiti nelle ultime nove gare, a tappare quelle falle che talvolta che l’impeto dell’esuberante Koulibaly talvolta lascia, ancora, a referto. Corsa e costrutto sugli esterni, dove il passo felpato e incontenibile di Faouzi Ghoulam ha fatto la differenza. Castro scappa via in qualche occasione ma l’algerino, alla distanza emerge a testa alta anche in quel frangente. Quando punta la metà campo avversaria e mette in mostra il meglio del suo repertorio riesce a fare la differenza, a garantire il cambio di passo, proprio come in occasione del rasoterra con cui confeziona l’assist per il goal vittoria partenopeo.

Leader ed alfieri. Sfida campale in cui ad esaltarsi, come ormai da prassi, è un Allan da elmetto e passo di marcia. Poco spazio al fioretto, piacevole sopresa nelle corde dell’ex Udinese, una miriade di palloni recuperati e una diga a opporsi alle pretese scaligere. Encomiabile l’apporto di Callejon, supporto essenziale in ogni fase di gioco, pronto ad offendere e ripiegare con la solita, stupefacente, continuità. Il numero 7 iberico, così come il mediano carioca, è ormai l’emblema dell’equilibrio a cui Sarri non può rinunciare. L’equilibrio, però, è nulla senza la classe cristallina, quella che scorre nelle vene di Gonzalo Higuainil migliore in campo della sfida di stasera. Tanti, troppi mesi senza mettere la propria griffe d’autore su una marcatura in trasferta. Il Bentegodi come platea in cui tornare corsaro, trionfatore, proprio contro il Chievo, la prima vittima del Pipita in Serie A. Un tempo di rimpianti, due pali e un sontuoso Bizzarri prima, e il montante e la sorte poi, a chiudere le porte all’argentino. Poco lo spazio lasciato allo scoramento, a primeggiare è il sacro furore, la voglia incontenibile di trascinare i compagni. Tutto cesellato, incastonato, nella violenta girata con cui piega le mani a Bizzarri e mette in cassaforte tre punti e secondo posto in classifica, firmando il nono goal stagionale, settimo in campionato. Un capopolo anche dopo la sostituzione, spronando i compagni impegnati in un concitato finale, l’emblema di ciò che è, meravigliosamente, cambiato. Nessuno spazio ai musi lunghi, solo alla voglia di vincere.

Edoardo Brancaccio

 

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