Non chiamatelo più “scugnizzo”: oggi Lorenzo Insigne è un uomo, con il Napoli sulle spalle

C’è stato un attimo, uno solo, in cui qualcuno l’avrà pensato. Seguito da un attimo, quello successivo, in cui un mezzo sorriso avrà lasciato correre. E si sa come sono i mezzi sorrisi dei napoletani: parlano più dello zio alticcio al cenone di Natale. E spiegano, esemplificano, analizzano. In una notte come quella di Milano, riescono anche a raccontare. Cosa? Semplice: quella luce famosa, quella che illuminava San Siro, era tutta per Lorenzo Insigne. In quell’attimo, solo in quell’attimo, paragonato a chi quel bagliore non l’ha fatto mai affievolire.

“Ma no, Maradona è stato il più forte di tutti i tempi”, lui ci ride su, quasi ci scherza. E fa bene. Perché prendersi sul serio equivale a snaturarsi del tutto. In campo e fuori. Sì, pure Lorenzo sa usare i mezzi sorrisi. E dopo una serata del genere, un po’ però fatica a contenerli. È che vorrebbe urlarlo al mondo intero: ma quale “momento d’oro”, questo è solo il frutto di sacrifici e voglia di lottare. Misto ad un talento pazzesco, ovviamente: di quelli indiscutibili pure a Napoli. Dove d’indiscutibile resta soltanto “uno”.

COME UN FILM – Chissà se l’ha capito, il “guaio”. Enorme ed indimenticabile. Fatto di sospiri e sassolini, di lucidità e fantasia. Che se fosse un film, sarebbe drammaticamente perfetto: perché dal problema al ginocchio stile “thriller”, c’è stato un crescendo di emozioni fino al più classico lieto fine. Niente bacio sullo sfondo, però: solo applausi. Tanti applausi. E da tutto lo stadio: spettatore privilegiato dell’Insigne 2.0. Un giocatore che non sa soltanto creare, ma anche impostare. Un ragazzo che ha conosciuto l’inferno della critica, e ch’è diventato uomo dopo aver assaggiato quello ben peggiore della convalescenza su un letto di ospedale. Un top player: in tutto e per tutto. Che può, vuole e sa tenere per mano la creatura che l’ha formato.

RESPONSABILE – E che in fondo, almeno un po’, deve ringraziare Maurizio Sarri: il grande artefice della sua fioritura, del suo essere finalmente un professionista a trecentosessanta gradi. Sì, magari un cesto di frutta può andare bene: ma la realtà è che neanche tutto l’oro del mondo basterebbe. Perché il ventiquattro azzurro sembra magicamente la copia d’autore dello scarabocchio inconcludente della scorsa stagione. Perché ora Lorenzo corre indietro, si fa dare palla, scarica intelligentemente. E poi segna e fa segnare. Tanto, e spesso in modo decisivo. Per intenderci: dei sedici gol realizzati finora, otto (cinque marcature più tre assist) provengono direttamente da lui. “Scugnizzo”, adesso, gli potrebbe andare un po’ stretto.

TUTTO SULLE SPALLE – Non è più un ragazzino, e l’ha visto anche Antonio Conte, tornato a convocarlo con la promessa di un ruolo da assoluto protagonista. Inevitabile, dopo la notte di Milano. Inevitabile, guardando questo Lorenzo: ha già eguagliato il record di reti in un campionato unico, aggiornando il curriculum con i colpi letali inferti a Lazio e Juve. Non avversari qualsiasi, non difese qualunque. E non un Insigne come gli altri visti finora: ora è dentro al gioco, responsabile. Mai vittima di sé, della sua voglia di strafare. A tratti, pure “autoritario”. Sì, avete capito bene: perché decide i tempi, detta le giocate. E addirittura lascia ad Higuain il ruolo di semplice comprimario. È che il protagonista è solo uno, e non è neppure lui: è il Napoli. Non più appoggiato al Pipita, ma anche a Lorenzo il Magnifico. E allora: chi vuol esser lieto sia. Però, di questo Insigne, fidatevi: v’è certezza. Eccome.

Cristiano Corbo

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