Lavoro, umiltà, versatilità e carattere: il Maestro Sarri sconfigge sul campo lo scetticismo di una piazza troppo prevenuta

Era lo scorso 4 giugno quando ad Amalfi avveniva la consegna dei premi Football Leader, i riconoscimenti che un’illustre giuria dell’Aiac assegna ai protagonisti del calcio della stagione appena conclusa. Tutti i riflettori sono per lui, Sinisa Mihajlovic, candidato numero uno ad approdare sulla panchina partenopea dopo il repentino addio di Rafa Benitez. La piazza è ancora scossa, il presidente De Laurentiis è in giro per l’Italia tra colloqui e prospettive. Persino quel giorno, si mormorava fosse ad Ischia per una chiacchierata con Montella. In disparte, arrivato in ritardo per una grossa mole di traffico della costiera anche Maurizio Sarri, in attesa di ricevere il premio per la “Panchina dell’anno” per le prodezze compiute con l’Empoli delle meraviglie.

Non vuole sedersi in prima fila: preferisce restare nelle retrovie insieme all’inseparabile sigaretta, preferisce scherzare con i presenti, scambiare due chiacchiere con i giornalisti sul suo futuro, lui che è napoletano di nascita e toscano d’adozione, da sempre tifosissimo del club azzurro. Ma niente, oltre qualche curiosa domanda, le indiscrezioni più piccanti pendono tutte dal lato di Mihajlovic che parla poco e non sbottona. Qualche settimana dopo, proprio Maurizio Sarri sarebbe diventato il nuovo tecnico del Napoli, suscitando non poche perplessità nei tifosi insieme all’arrivo del direttore sportivo Giuntoli, ex Carpi. Il progetto di De Laurentiis vira così con forza e decisione, rompendo ogni schema rispetto all’era Benitez: in fondo era proprio questa l’idea del patron quando annunciò l’addio dello spagnolo per scegliere il Real, cercando di colmare le falle lasciate sia sul piano caratteriale che tattico di una squadra ricca di campioni ma allo sbando, alla ricerca della sua nuova identità.

Prosegue così il cammino dei partenopei e di Sarri, alla prima stagione in una big. La sua storia è nota ai più: famiglia umile ed un passato in banca, decide di inseguire il suo sogno da allenatore lavorando tantissimo sulla tattica. Per chi lo osserva e lo studia, diventa “Mister 33 schemi” per la sua versatilità e chi ha la fortuna di ammirare il suo lavoro durante il ritiro di Dimaro, comprende già le sue peculiarità: il lavoro certosino sulla fase difensiva, da sempre tallone d’Achille del Napoli, il grande carattere e la schiettezza che in particolar modo in conferenza si palesa senza mezzi termini, strappando consensi e sorrisi. Ma le prime vere risposte dovranno arrivare sempre dal campo: la pre season lo premiano a metà, con prestazioni in parte convincenti ma anche ridondanti, ammirando ancora gli stessi errori della scorsa stagione, soprattutto per il reparto più arretrato. Ma si continua a lavorare, d’altra parte è troppo presto per giudicare.

Inizia così dopo meno di due mesi dal suo arrivo il campionato, il primo banco di prova. Il calendario è agevole, almeno fino alla fine di settembre, prima del tour de force tra Europa e le big d’Italia ma l’inizio è in salita. Sconfitta all’esordio in trasferta contro il Sassuolo, pari in casa contro la Sampdoria ed ancora un solo punto contro l’Empoli. La classifica che si fa complessa, nonostante tranne l’Inter e la Fiorentina, le altre big stentino, con la Juventus persino in zona retrocessione. Piovono le critiche, impietose: “Il presidente ha sbagliato tutto”, “non ha esperienza”, “sbaglia con il 4-3-1-2”, “Napoli non è Empoli”, “Insigne non è un trequartista”, “il mercato è degno del peggior Empoli”, “non ha carattere e qualità per affrontare una big”, pensando persino ad un Napoli nei bassifondi, parola di Maradona. Eppure Sarri non si scompone, anche perché qualcosa, più di qualcosa di buono e di diverso è palese: certo, la fase difensiva va ancora rodata ma quando il Napoli gioca ed è tranquillo, si vede un gioco intenso, preciso, che diverte, difficile da arginare. Il tecnico però non raccoglie le critiche, appellandosi alla sua storia ed alle sue squadre che partono male e terminano al top ed anche De Laurentiis fa quadrato, assumendosi in caso di flop ogni tipo di responsabilità, predicando che i conti si fanno sempre alla fine. Ma i tifosi vogliono vincere e non c’è tempo per perdere punti per strada come già successo in un passato recente ed amaro.

Ecco che arriva al “San Paolo” il Brugge per l’esordio in Europa, competizione mai affrontata dal Maestro degli schemi. Pesca nel suo cilindro e, con gli uomini a disposizione decide con fermezza di cambiare tutto: è 4-3-3 ed il Napoli dà spettacolo con ben cinque reti. E non è un caso. Replica anche qualche giorno dopo contro la Lazio, con l’ennesima manita senza subire reti. La squadra è rivitalizzata, i giocatori avvertono la fiducia del tecnico che li valorizza con un modulo congeniale, i tifosi iniziano a rasserenarsi, storcendo ancora il naso per il pari a reti bianche contro il Carpi. Poi la Juve: una partita intensa, una vittoria splendida. I primi cinici iniziano a ricredersi: un solo gol incassato nelle ultime uscite, una difesa completamente diversa in precisione e carattere, le stesse qualità che Sarri aveva dispensato a grandi dosi proprio prima del big match contro la Vecchia Signora, invocando una squadra che rendesse orgogliosi i sostenitori, per la partita della vita. Detto fatto. Il bis arriva anche in Europa contro il Legia Varsavia fino all’exploit finale di ieri a San Siro contro il Milan, per una partita davvero perfetta.

Un risultato che ha messo d’accordo tutti, anche i più scettici e prevenuti, tifosi ed addetti ai lavori: il Napoli vince, diverte, è compatto e soprattutto si vede chiara la mano dell’allenatore, che ha saputo trasmettere fiducia, identità ed una grande verve, partendo dai leader. Splendido l’abbraccio con Higuain nel finale, lui che per il Pipita ha sempre speso bellissime parole, spesso ricambiate. Non è un caso che quando interpellati, i protagonisti partenopei si stringano tutti intorno al proprio tecnico tessendone le lodi non solo tattiche ma soprattutto umane. Quando ieri in diretta tv gli si è fatto notare che su Twitter spopolava l’hashtag #scusimister ha sorriso, felice più che soddisfatto: è questo il suo Napoli, è questo Maurizio Sarri. Più forte di ogni critica, di ogni illazione, di ogni tifoso prevenuto. Perché in fondo, anche il calcio a volte resta meritocratico ed il lavoro, in un mix di sacrificio, versatilità ed umiltà supera ogni nome e blasone. Chapeau.

Alessia Bartiromo
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