STORIE DI CALCIO – Collo alto, arroganza e numeri da fuoriclasse: Eric Cantona, the King of Old Trafford

“Per quanto tu possa essere razionale, ci sarà sempre una favola alla quale finirai per credere”. Il calcio è una di queste. Perchè travalica i confini della logica, portandoci spesso a vivere e a essere testimoni di storie belle e talvolta struggenti, non per forza a lieto fine. In questa nuova rubrica di spazionapoli.it ne racconteremo qualcuna, provando a sbirciare dietro le quinte del palcoscenico verde: giacchè non tutto si esaurisce lì. E dietro quel pallone che rotola in un campo, ci sono spesso storie che possono insegnare qualcosa. O che vanno semplicemente tramandate, affinchè non se ne perdano mai le tracce. Buona lettura.

Ci sono posti che sono strettamente legati al destino di certi uomini. Era scritto nelle stelle che le strade di Éric Daniel Pierre Cantona e del Manchester United dovessero incontrarsi: era dai tempi di George Best che all’Old Trafford non si vedeva un calciatore in grado, con i piedi, di fare ciò che voleva; e con la bocca (e non solo) di saper colpire nel segno, sempre. Anche a costo di danneggiare se stesso. Ma la verità ha sempre un prezzo da pagare, si sa.

GLI ESORDI – La sua carriera, tra alti (pochi) e bassi (molti), ha inizio all’Auxerre, fatta eccezione per un prestito al Martigues, in seconda divisione. Dopo aver vinto, con l’Under 21 francese, il campionato europeo di categoria nel 1988, si trasferisce a Marsiglia per vestire la maglia dell’Olympique, la sua squadra del cuore: gli inizi sono tutt’altro che semplici, proprio per via del suo carattere rissoso; getta maglie a terra quando viene sostituito, insulta il ct della Nazionale e per questo si becca una squalifica di un mese. Il Marsiglia, intuite le difficoltà caratteriali del ragazzo, lo spedisce prima al Bordeaux e poi al Montpellier, squadre nelle quali comincia finalmente a far parlare di sè più per quanto fatto in campo che fuori (anche se una volta, durante un allenamento, colpisce un compagno di squadra con un calcio in faccia). Le sue buone prestazioni portano il Montpellier a vincere la Coppa di Francia, e il Marsiglia a richiamarlo; ma anche la seconda avventura in Provenza finisce male. Durante la stagione litiga con l’allenatore Beckenbauer, costringendo la società a mandarlo via e a prendere Goethals; ma i rapporti si incrinano presto anche con lui, e sebbene alla fine il Marsiglia si aggiudichi il campionato, Cantona viene ceduto al Nimes al termine della stagione. Anche qui la musica non cambia: lancia un pallone addosso all’arbitro durante una partita e la Federazione francese lo squalifica per un mese. Risultato: Cantona definisce “Idioti” i membri della commissione che lo aveva squalificato, che a loro volta gli aumenta la sospensione a tre mesi: una decisione che porta Eric ad annunciare addirittura il suo addio al calcio.

CI PENSA PLATINI – Le Roi stravede per il ribelle francese. Non vuole che la sua carriera si esaurisca così presto, e lo convince ad andare in Inghilterra. Lo propone al Liverpool, ma il tecnico del reds Graeme Souness oppone un fermo rifiuto. Lo Sheffield gli offre un primo provino e poi un secondo ancora, cosa che Cantona giudica offensiva; accetta allora l’invito del Leeds. Che porta subito sul tetto d’Inghilterra, vincendo anche un Charity Shield proprio contro quel Liverpool che lo aveva rifiutato, e contro cui segna addirittura tre gol.

EPOPEA UNITED – L’anno successivo arriva la chiamata che cambia per sempre la vita di Eric Cantona: Alex Ferguson lo vuole ad Old Trafford; sa bene che ci sarà da battagliare con lui per via del suo carattere, ma sa bene anche che quel francese irascibile è l’unico in grado di riportare lo United in alto. E a farlo entrare nella storia: è il primo club a vincere la Premier League, versione moderna del campionato inglese. Stagione di grazia 1992-’93, comincia la leggenda: colletto della maglia sempre alzato, gol (non tanti ma sempre decisivi), assist e soprattutto quella sensazione di onnipotenza che lo avvolge e con la quale avvolge i compagni di squadra, che lo eleggono sin da subito leader carismatico.

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Il bis arriva l’anno successivo, poi il meccanismo (mentale) di Eric si inceppa di nuovo. In una partita contro il Crystal Palace perde letteralmente la testa: prima viene espulso dopo aver colpito con un calcio un difensore avversario; poi, uscendo dal campo, mette a tappeto con una mossa di kung fu un tifoso del Crystal che stava apostrofando in maniera tutt’altro che british sia lui che sua madre. Il calcio inglese, che stava provando proprio in quegli anni a venir fuori dalla crisi degli anni ’80, subisce un duro colpo di immagine; il tifoso viene arrestato e condannato a 7 giorni di carcere. Cantona si rinchiude in un silenzio tombale, tornando a parlare dopo giorni e giorni dall’episodio; e con un chiaro messaggio accusatorio nei confronti dei media (rei di troppa ipocrisia a suo vedere), dice: “Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perchè pensano che verranno gettate in mare delle sardine”. Il processo a suo carico si concluse con una sentenza che lo condanna a due settimane di prigione, in seguito ridotta a 120 ore di servizio civile. Nessuno sconto invece dalla Federazione, che lo sospende per nove mesi: il Manchester subisce il colpo, e perde il campionato in favore del Blackburn Rovers.

IL RITORNO – Tante polemiche accompagnano la vicenda, puntualmente spente da Alex Ferguson; il guru scozzese sa che Cantona è troppo importante per la sua squadra, e lo convince a restare allo United. Il ritorno in campo avviene ad ottobre, e dopo un paio di mesi di rodaggio la squadra comincia di nuovo a girare intorno al suo campione: al termine della stagione arriva il double, con Premier League e FA Cup. E l’anno successivo il quarto titolo in cinque anni, con una semifinale di Champions League persa per mano del Borussia Dortmund. L’11 maggio 1997 giocò la sua ultima partita con il Manchester, contro il West Ham, prima di ritirarsi definitivamente dal calcio giocato.

NEVER ENDING STORY – Ancora oggi i tifosi dei red devils inneggiano il loro eroe maledetto, che nel 2004 dichiarò tutta la sua paura: “Sono molto orgoglioso che i tifosi cantino ancora il mio nome allo stadio, ma ho paura che un domani loro si fermino. Ho paura perché lo amo. E ogni cosa che ami, hai paura di perderla”. Ma lui sa bene che non accadrà mai, perchè certi amori non possono finire. Soprattutto per chi riesce ad entrare nella Hall of Fame del calcio inglese, ed è nominato dai sostenitori dello United “giocatore del secolo”. Uno come lui non abdica, tutt’al più scruta in lontananza il suo regno dispensando saggezza qua e là (ironico, vero?), come quando dichiarò che non avrebbe mai più lavorato per lo United se i Glazer lo avessero acquistato, come poi effettivamente accaduto. Perchè uno come lui è un diavolo rosso nell’anima, che per i tifosi dello United sarà sempre e solo The King of Old Trafford.

Vincenzo Balzano

Twitter: @VinBalzano

 

 

 

 

 

 

 

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