Dalla Dinamo al Wolfsburg, il ruggito del Pipita la luce verso Varsavia

Dodici marzo – sedici aprile. Oltre un mese di digiuno, tanto per un attaccante prolifico, un’attesa estenuante se ti chiami Gonzalo Higuain. Certo, contro la Fiorentina solo la topica dell’assistente di porta Di Bello aveva privato il Pipita di un goal da antologia, ma la sostanza resta: più di un mese senza quell’urlo liberatorio è, per un attaccante di livello eccelso come quello dell’argentino di Brest, lancinante.

Più di un mese, si, da quella tripletta ad archiviare la pratica Dinamo Mosca tra le mura del San Paolo. Uno scatto ad insinuarsi tra Rodriguez e Knoche, superare Benaglio e gelare la Volkswagen Arena. L’acuto più importante in un assolo dolce, aggraziato, melodioso, semplicemente la prestazione di Higuain ad annichilire il Wolfsburg. Una gara impreziosita da un assist per Hamsik e da un lavoro a tutto campo, a scalfire con certosina operosità le poche certezze della retroguardia di Hecking.

Ventiquattresimo goal stagionale, settimo sigillo in Europa League, ad una sola rete dalla vetta dei marcatori della competizione. Un rendimento da uomo di coppa, cosa che Higuain è sempre stato fin dai tempi del River Plate, con quel desiderio, bramoso, di mettere in bacheca il primo alloro europeo. La strada verso la finale di Varsavia è tracciata, da tempo, per il Pipita l’obiettivo è scolpito in quello sguardo carico di grinta: trascinare i compagni a riscrivere la storia, racconto che a Napoli ha scritto solo il più grande di tutti i tempi.

Edoardo Brancaccio

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