Il mea culpa offuscato da un alibi ingiustificabile, nella stoccata di Benitez il calo di entusiasmo della rosa partenopea

Surreale il clima del San Paolo nella notte del ricordo di Pasquale D’angelo. I fumogeni contornano la curva B, vuota nel momento del minuto di silenzio. Un omaggio malinconico, supportato da un lungo applauso, che anticipa il fischio d’inizio. E’ questa la scena più toccante della serata azzurra di Fuorigrotta, che vede il Napoli ancora immaturo, svogliato e sprecone contro l’Atalanta dell’ex Reja. L’omaggio al capo ultras scomparso nella trasferta russa è triste quanto la prestazione degli azzurri e la direzione arbitrale. Le ambizioni svanite, come la grinta e la fluidità di gioco, condannano gli azzurri ad un pareggio, per giunta rimediato in extremis. Il Napoli si sveglia negli ultimi dieci minuti di gioco, con la stoccata del solito Duvan Zapata. La sfortuna – e guai a non nominarla – fa la sua parte, come lo show di Calvarese, che sbaglia ripetutamente ed alimenta ira e polemiche.

I fischi della folla a fine primo tempo sono la radiografia del malumore che avvolge l’ambiente partenopeo, illuso da chiunque, società in primis. Un tweet che si trasforma in alibi e prova placare la rabbia, quello che a fine gara compare sul web. Tentativo che assume le sembianze di un depistaggio, quasi per spostare l’attenzione su quanto di scandaloso avvenuto sul terreno di gioco: responsabilità di Calvarese sì, ma non solo. Una disfatta che andrebbe analizzata nei minimi particolari, piuttosto che scaricata sul fischietto di Teramo. Qui la leggerezza di chi, ancora una volta, commette errori nella gestione, dopo aver risposto non in maniera ideale a quel progetto lanciato un anno e mezzo fa.

Con l’arrivo di Benitez, nell’estate 2013, il Napoli si affacciava ad una nuova crescita. La scelta di puntare sul tecnico spagnolo e su bomber del calibro di Gonzalo Higuain fu il segnale senza dubbio più forte della volontà del presidente, di spingere – finalmente – il Napoli verso il definitivo salto di qualità. Eppure qualcosa è andato storto. Le promesse si sono trasformate in scommesse, in parte perse. Nessuno ci sta, Benitez fra tutti, che punge nel post gara tra una dichiarazione e l’altra: “Qui non si molla nulla, sbagliato sminuire una competizione. Io provo a vincere con la rosa che ho, se poi non arrivo perché il livello non è sufficiente non so che fare”.

Una stoccata che racchiude alla perfezione il calo di entusiasmo – comunque ingiustificabile – del tecnico spagnolo e della rosa tutta. Stavolta nessuna colpa per le scelte in campo, a lui solo quella di non riuscire a motivare la squadra quanto basti, a conferma di quanto espresso a fine gara. La sosta aiuterà a ricaricare le pile mentre Aprile si avvicina e il Napoli si allontana dai primi posti in classifica. E intanto Rafa è a un passo dalla decisione o, quantomeno, dal comunicarla alle parti, consapevole del momento nero del suo Napoli, pronto a tornare azzurro in un solo caso: con l’aggancio della semifinale di Europa League e la speranza di poter portare ancora la coppa ai piedi del Vesuvio. Solo così l’arrivederci potrà essere meno amaro.

Francesca Di Vito
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