Gazzetta dello Sport al veleno: “Ecco la verità sull’assenza dei tifosi della Juventus domani al San Paolo”

L’edizione odierna della Gazzetta dello Sport ricostruisce in maniera alquanto dura gli eventi che hanno portato alla decisione di non concedere la trasferta al “San Paolo” ai tifosi della Juventus per il big match di domani sera contro il Napoli. Ecco quanto riportato integralmente dal noto quotidiano sportivo:

“Per capire perché i tifosi della Juventus non potranno seguire la squadra a Napoli, almeno non nel settore Ospiti, bisogna comunque tornare al “San Paolo”, per svelare che il 2 gennaio, tra i 25.000 che festeggiavano la Supercoppa, c’era anche Giovanni Frasca, il Supporter Liaison Officer del club partenopeo. Nulla di strano, trattandosi dell’addetto ai rapporti con la tifoseria. Peccato che mentre lui applaudiva la squadra di Benitez, lo aspettavano a Roma, al Dipartimento di pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, dove era stata fissata una riunione dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, con un solo argomento all’ordine del giorno: le misure di sicurezza per Napoli-Juve.

Tutti presenti, compreso l’inviato del club bianconero, tranne il rappresentante azzurro. Dov’era? Ufficialmente a casa, «malato»: questa la comunicazione del Napoli al ministero. In realtà, come confermato dalla Digos, Frasca era al “San Paolo”. Eppure la riunione era stata convocata il 30 dicembre con una comunicazione
ufficiale ai due club, cui erano seguite il giorno dopo due telefonate fatte dall’Osservatorio per sincerarsi che la convocazione fosse arrivata e per chiedere chi avrebbero inviato a rappresentare le società. E il Napoli ha consegnato nome e cognome di Giovanni Frasca.

SI POTEVA EVITARE. Se la «malattia » di Frasca non avesse di fatto provocato la chiusura del settore Ospiti del San Paolo, la prenderemmo con lo stesso sorriso amaro provocato dagli improvvisi malanni dei vigili urbani di Roma a Capodanno. Lì, volevano mettere in difficoltà il sindaco Marino. Qui, ottenere esattamente quanto disposto alla fine da Questura e Prefettura di Napoli, a cui l’Osservatorio è stato costretto a rivolgersi: la chiusura del settore. Questo, almeno, è il sospetto che hanno al ministero e alla Juve. Anche perché tutto era stato predisposto, e per tempo, perché si evitasse il divieto di trasferta (solo parzialmente efficace, visto il numero di juventini residenti in Campania). Il 17 dicembre l’Osservatorio aveva assegnato al match il rischio 4, di «massima allerta»: «colpa» dei rapporti degradati tra le due società e della scarsa capacità di accoglienza del San Paolo, già bollato dalle autorità come il peggiore d’Italia. L’Osservatorio aveva rinviato le eventuali misure restrittive al Casms, il Comitato di analisi per la sicurezza delle manifestazioni sportive, poi riunitosi il 30. Nel frattempo, a Napoli e Juve era già pervenuta l’intenzione di non arrivare all’extrema ratio della chiusura del settore Ospiti, a patto, però, che le due società si fossero impegnate in una reciproca attività di «scambio di informazioni» sensibili e «adeguata comunicazione» ai propri tifosi, insomma che avessero mostrato collaborazione. Cosa che il Napoli, a differenza  della Juve, non ha fatto. Fino al colpo di scena del 2 gennaio.

JUVE PERPLESSA. Logico che la Juventus sia arrabbiata per la decisione e abbia accolto con perplessità  il divieto di trasferta dei propri tifosi, per tempistica e modalità: come mai la comunicazione è arrivata così tardi? Il paradosso è che, nonostante abbiano collaborato, saranno loro a pagarne le conseguenze. Il Napoli ha ribadito con un comunicato ufficiale  che «la decisione è stata presa dal Prefetto», che per la riunione  del 2 sono stati convocati troppo tardi, che Frasca era malato e che  comunque la sua mancata partecipazione — si legge nella nota del  club — «non ha prodotto effetti». I tifosi della Juve, che si sono lamentati sul web, si aspettano che lo stesso trattamento venga riservato a Torino ai napoletani. Cosa  che non si può escludere, anzi”.

FONTE Gazzetta dello Sport

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