Una città distrutta dal dolore ma che regala al Mondo il senso della vera e profonda napoletanità

Spesso ci interroghiamo su cosa sia davvero la napoletanità, su cosa voglia dire nel profondo sentirsi napoletani. Non è un mero dato topografico, non si riferisce alla zona di residenza o solo al luogo di nascita: essere napoletani è un fardello, un fuoco che parte da dentro, la consapevolezza di una costante missione da assolvere: mostrare al Mondo, tutto il Mondo, cosa di bellissimo è capace di fare la tua città. Mostrarne il vero volto, la vera essenza. Non quella divulgata dai media o da beceri commenti di persone a caso che si cullano tra una visione di occhi superficiali e la constatazione di problemi che affliggono ogni luogo del globo terrestre e non solo quelli baciati dalla bellezza della sirena Partenope. Essere napoletani, essere davvero napoletani, è un onore ed un onere: è portare in alto la bandiera della propria terra, dei propri colori, dei propri simboli, rappresentando un popolo costantemente fiero, afflitto dal dolore ma capace di rialzarsi, di dare il meglio, di reinventarsi costantemente, andando oltre ogni pregiudizio, ogni critica distruttiva ed ogni ferita.

Quando si pensa a Napoli, in molti focalizzano elementi stupidi: la pizza ed il mandolino nei migliori dei casi, dati negativi in quelli peggiori. Ma c’è chi da tempo costruisce per regalarne un’immagine diversa, bella, positiva. Qualcuno, da angoli della Terra remoti, parlando di Napoli, adesso penserà anche ad Higuain e compagni, che sotto il cielo di Doha hanno riscritto le gerarchie in un calcio fatto ancora per i potenti e che, in Qatar, conosceva un’unica realtà, quella della Juventus. Contro tutto e tutti, come si rispetti: questa volta, sul carro dei vincitori ci salgono i partenopei e Napoli tutta. Poi, si penserà alle menti brillanti in giro per il Mondo che, non avendo trovato fortuna in patria sono state costrette a farsi valere all’estero, non rinnegando mai le proprie origini, anzi, dimostrando che una terra martoriata dà ancora frutti bellissimi. C’è chi ogni giorno regala un sorriso, speranza, ottimismo, per un domani migliore. Chi non si arrende ed aiuta il prossimo, nonostante di aiuto, ne avrebbe bisogno per primo.

Poi, dulcis in fundo, c’è lui. Un figlio di Napoli, oggi strappato alla sua Terra amata, al suo popolo, alla sua vita. Colui che ha portato in giro per il Mondo e per l’Italia i sentimenti ed l dolore di una città, cantandone come mai prima di allora le gesta e la vera storia, con parole semplici ma profonde, nelle quali non si può fare a meno di rispecchiarsi. Quando si parla di napoletanità, della vera essenza della napoletanità, Pino è l’esempio perfetto. Innamorato silente della sua Terra, una voce fuori dal coro, silenziosa ma assordante, che ha saputo farsi amare da tutta Italia. Una vita all’insegna della musica, dell’altruismo, dell’umiltà, della voglia di non fermarsi mai ed imparare, di donarsi e regalare qualcosa di unico a chi lo ascolta. Sensibile, dolce ma indimenticabile, mai sopra le righe o spropositato: era così, in una realtà che ci mette pochissimo a condannarti e gettarti nel dimenticatoio ma che con lui, nonostante le difficoltà non lo ha mai fatto.

Oggi Napoli piange e lo farà anche domani ed il giorno dopo ancora. Ha perso un figlio, un simbolo, un pezzo di cuore, un pezzo di tutti noi. Ha perso ciò che di bello c’era, ciò che di bello gli altri vedono in lei e ciò di cui tutti vanno fieri ed orgogliosi. Ha perso colui che la guardava con gli occhi dell’amore pur rendendosi conto di tutti i suoi difetti, colui che al meglio la rappresentava, facendo ricredere anche chi si ostina ad vedere solo ciò che vuole. Se ancora vi domandate cosa sia davvero la napoletanità, ascoltate infine una sua canzone e capirete davvero cos’ha da dare questa città e la stupenda sensazione di sentirsene davvero parte integrante.
Ciao Pino.

Alessia Bartiromo
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