Il Napoli “slavo”, breve storia dei calciatori croati in maglia azzurra

La gara che la nazionale italiana allenata da Conte giocherà domani sera contro gli ostici croati apre una spazio temporale nella memoria storica della nostra rubrica “qui fu Napoli” che non può non approfittare dell’assist per annotare sul proprio diario di bordo quella che potremmo definire l’elenco, fino ad oggi, dei calciatori croati che hanno vestito la casacca azzurra, cercando di evidenziare qualche breve cenno storico che Suprinadia l’idea generale del personaggio e dell’apporto che è stato in grado di dare al team durante la propria permanenza. Il primo calciatore croato della storia azzurra è stato tale Ivo Šuprina, arrivato nel primo dopoguerra in maglia azzurra dallo Strasburgo, proprio quando gli azzurri erano caduti in disgrazia a causa della retrocessione in serie B, amara quanto inevitabile in quegli anni poveri di contenuti e privi di protagonisti all’altezza di una società che cominciava a sentire il peso di essere la protagonista del panorama calcistico del sud Italia. L’impatto di Suprina in azzurro fu subito all’altezza, tanto che dopo la prima convincente stagione che tuttavia non portò la tanto agognata promozione in A, il bomber fu decisivo l’anno successivo con i suoi gol, così nel 1950 il Napoli, dopo la vittoria per 2-1 sul Catania grazie ad una sua doppietta il popolo partenopeo consacra l’idolo croato come proprio beniamino, anche grazie al carattere guascone e gigolò (si diceva avesse tante fidanzate al punto di ricevere anche molte lettere di minacce da parte di mariti gelosi). 22 gol, molti segnati in acrobazia, furono l’apice del successo del calciatore croato, amatissimo oramai dalla platea napoletana, che non perdeva occasione di applaudirlo addirittura a teatro, oscurando la performance dell’orchestra, lui che girava in una spider verde lanciando occhiate alle bellezze della città, dall’alto della sua bellezza e intelligenza che lo portarono a preferire gli studi da odontoiatra piuttosto che gli allenamenti che mister Monzeglio gli obbligava a seguire, pena uno scarso utilizzo in serie A che lo portarono ben presto, ad abbandonare l’attività per divenire un affermato dentista.

Per vedere un altro croato in maglia azzurra bisogna aspettare il novembre del 1997, quando una società in evidente difficoltà come lo era il Napoli si vedette costretta ad acquistare un nome di grido per rifocillare le flebili Asanovichsperanze di poter competere in serie A, fu cosi che si finì per acquistare Aljosa Asanovic che u anche accolto alla grande da Giovanni Galeone, tecnico dei partenopei in quello scorcio di stagione, suo grande estimatore da sempre. Un giocatore che poteva (e doveva) migliorare il tesso tecnico della squadra, ma che, a conti fatti, non riuscì nell’impresa, anzi: la situazione dei partenopei, infatti, peggiorò sensibilmente. Nelle 9 partite che seguirono il suo arrivo, il Napoli perse ben 7 incontri, ne pareggiò 2 e non riuscì mai a vincere una gara. Una squadra dimessa e allo sbando, impreziosita (si fa per dire) dall’inserimento ulteriore di un giocatore come Asanovic assolutamente privo di condizione atletica, che è riuscito ad entrare in forma solo a fine campionato, giusto in tempo per fare bella figura ai Mondiali del 1998 con la Nazionale croata. Morale della favola il croato fu uno dei calciatori emblema di una delle più brutte stagioni nella massima serie, il Napoli arriva ultimo in classifica con appena 14 punti realizzati, con un bilancio di 2 vittorie, 8 pareggi e 24 sconfitte, 25 gol realizzati e ben 76 subiti.Dopo i mondiali se ne andò in Grecia al Panatinaikos, poi Austria, Australia e ritorno alla casa madre, l’Hajduk Spalato, dove nel 2002 salutò il calcio giocato.

C’è stato di peggio, purtroppo per gli azzurri. Si chiama Mario Cvitanovic, arrivò in azzurro nel 2003, durante la presidenza Naldi, con Perinetti a guidare un mercato austero e alla ricerca del “cedi 1 e prendi 2”. Infatti download (2)assieme a Cvitanovic a Napoli, sponda Genoa, arrivò anche Brivio, in cambio di Baldini, all’epoca capitano del Napoli appena uscito da una brutta vicenda con la tifoseria, ma di gran lunga più adeguato alla maglia azzurra rispetto al punto interrogativo croato. La realtà fu che la fascia sinistra azzurra la vide ben poco, e prima Agostinelli e poi Simoni lo utilizzarono soltanto per far rifiatare qualche altra pedina, nulla li spinse a puntare su di un calciatore che aveva evidenti problemi nel portare la palla sul fondo per crossarla adeguatamente. Fu girovago per qualche altra squadra minore senza mai lasciare il segno, fino a che non si fermò in Germania, dopo l’esperienza con l’Energie Cottbus, confermando definitivamente di essere entrato di diritto nella hit parade dei calciatori stranieri peggiori che il Napoli potesse annoverare nella propria rosa. 9 anonime presenze col Napoli furono il misero bottino di un’apparizione in maglia azzurra da dimenticare.

C’è anche un futuro, che ha il nome di Josip Radosevic, il futuro croato in maglia partenopea. Non ha ancora convinto il pelato centrocampista che in molti paragonano a Gattuso, ma a Benitez piace e lui stesso ha chiesto di trattenerlo, avendo nel suo DNA la prerogativa di saper giocare e bene come schermo protettivo davanti alla difesa. E’ un nazionale, lo è stato anche nelle nazionali minori, militando in tutte le trafile fino ad arrivare a quella maggiore, ha solo vent’anni e tanta voglia di fare esperienza e di crescere. Insomma, sembra aver trovato il proprio habitat naturale per provare la Josip-Radosevicscalata al grande calcio, nonostante fino ad ora abbia collezionato soltanto 8 presenze. Come molti grandi calciatori croati, anche lui arriva dalla vecchia scuola dell’Hajduk Spalato, una garanzia quando si tratta di andare a pescare grandi promesse,. E’ proprio vero che il calcio dell’ex Jugoslavia avrebbe meritato sorti migliori se non fosse stato smembrato da una guerra fratricida che ha soltanto danneggiato un popolo ricco di grandi capacità, che aveva nel calcio uno dei punti di forza di cui andarne fieri.

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