Calcio e colpi di pistola, nel ’55 un altro precedente sulla strada del Napoli

A distanza di alcuni giorni dallo sciagurato pre-gara della finale di Coppa Italia tra la Fiorentina ed il Napoli, ripercorriamo una tappa tra le vicende storiche azzurre che testimonia un precedente molto simile. Dagli almanacchi partenopei resta indimenticabile per il tragico epilogo quanto accadde nel lontano 6 novembre 1955, data in cui si giocò la gara di campionato tra gli azzurri ed il Bologna allo stadio del Vomero (quello che verrà poi ribattezzato Stadio “Collana“). L’antefatto raccontava di un Napoli martoriato dalle decisioni arbitrali controverse, che più di una volta misero ragionevolmente in dubbio il regolare svolgimento del torneo con arbitraggi a senso unico, privi di obiettività e pieni zeppi di scelte quantomeno discutibili, minando la serietà di una classe che avrebbe dovuto essere, come sempre, al di là di ogni sospetto. Ed invece si cominciò a parlare di fischietti “antiNapoli“, uno sparuto gruppo di giacchette nere che i bene informati giudicavano alquanto permissivi quando si trattava di assegnare sanzioni a discapito della squadra partenopea. La gara contro il felsinei fu giudicata un crocevia, una sorta di goccia che fece traboccare un vaso di intemperanze che si leggerà di seguito.

La partita contro gli uomini di Gipo Viani sembrava mettersi subito sui binari giusti, nonostante l’arbitro Maurelli di Roma concesse interventi ai limiti del lecito, testimoni le uscite momentanee dal campo ora di Jeppson, ora di Amadei, ora di Vinicio, tutti rimessi in sesto in qualche minuto dalle mani fatate del massaggiatore Michelangelo Beato. Cominciarono le prime sviste in area bolognese, con i mancati penalty concessi prima a Vinicio e poi a Vitali, entrambi mastodontici agli occhi della pubblica opinione, e fu così che la prima frazione di gara si concluse in parità anche se la maggior parte dei tifosi era fiduciosa di vedere gli azzurri spuntarla nella seconda parte, tant’era la padronanza del gioco vista sul terreno vomerese. Il secondo tempo mantenne le aspettative della folla, gli stessi Vitali e Vinicio in quindici minuti misero a segno un terrificante uno-due che mise in serio pericolo la stabilità psicofisica dei rossoblu. Quando lo stesso Vinicio segno per la terza volta il pubblico ammiccò alla vittoria e la permissiva gestione di gara dell’arbitro passò in secondo piano, soppiantata dalla grandezza dei padroni di casa attraverso un gioco spumeggiante e concreto.
CiuccioVomeroTalmente tanto fu il distacco dalle vicende successive dell’incontro che quasi passo inosservato il fallo evidente sull’azzurro Posio di Bonafin al 77′, che servì indisturbato Pivatelli, il quale la spinse in rete senza troppi patemi d’animo. Indifferenza e nulla più al gol della bandiera felsineo, ma quel gol rinvigorì la squadra emiliana quasi come il morso di una tarantola, al punto che proprio Bonafin, all’89’, riusci a portare i bolognesi sul 3-2 grazie ad un gol, questa volta regolare, che preoccupò più del dovuto, in una gara che sembrava oramai archiviata. Sembrava comunque troppo tardi per temere il peggio, nel frattempo il teatrino del “fischio quel che dico io” dell’arbitro Maurelli continuò imperterrito, il pubblico aveva cominciato ad intuire che l’arbitro avesse gettato il guanto di sfida agli insolenti tifosi napoletani, rei di non sapere accettare le regole del gioco, senza accorgersi che su dieci falli, nove venivano completamente invertiti a favore dell’avversario, lasciando inebetiti gli spettatori sportivi, figurarsi i tifosi, anche quelli più faziosi. L’inverosimile accadde quando Vinicio, trovatosi in area mentre si apprestava a mettere in rete la quarta segnatura, venne atterrato da tergo senza alcun dubbio, ma il sig.Maurelli fece cenno di proseguire, prendendosi sonore bordate di fischi e il lancio di oggetti di ogni tipo. Come ogni finale thriller che si rispetti, il Bologna pervenne al pareggio nel modo più beffardo possibile, quasi come uno sfottò nei confronti degli azzurri, che si videro assegnar contro un calcio di rigore più che discutibile calciato a botta sicura da Pivatelli, il portiere Fontanesi fu battuto e fu 3-3 , risultato letto come un ceppo che alimentò rabbia e delusione, misti a quella sensazione di esser stati defraudati da un risultato che sembrava esser divenuto certezza attraverso un’ingiustizia figlia di scelte arbitrali inaudite.

vinicioIl culmine si raggiunse quando un dipendente dell’A.C. Napoli, Giuliano Piccolo, espresse verbalmente e dai bordi del campo, seppur con eccessiva vivacità, il suo dissenso nei confronti del fischietto, ed il massaggiatore del Bologna, Ulisse Bartolotti, anziché tirar dritto gli frantumò in testa una bottiglia d’acqua. I contestatori partenopei che si erano raggruppati sulle estremità del recinto non aspettavano che un gesto simile, cominciarono ad inveire violentemente contro Bartolotti, prontamente ammanettato da un agente di polizia che placò, con quel gesto, le teste più calde, che però spostarono l’obiettivo sul direttore di gara, inseguito da facinorosi e protetto dalle forze dell’ordine, vero e proprio scudo umano a respingere la sassaiola e il lancio di bottiglie. Cominciò la controffensiva della polizia con lancio di lacrimogeni e scontri uomo ad uomo, che sfociarono in un bollettino davvero deplorevole: 144 feriti di cui 7 in maniera piuttosto grave, spari in aria degli agenti per disperdere orde di tifosi che avevano il chiaro intento di inveire contro la classe arbitrale che aveva martoriato gli azzurri fino al quel momento. Fu la prima volta che in uno stadio si faceva uso di armi da fuoco, un precedente senza dubbio poco edificante. Ci vollero due ore per ristabilire l’ordine, il dirigente felsineo fu rilasciato in serata grazie anche al ritiro della denuncia di Piccolo, alla fine dei conti a pagare per tutti fu nuovamente il Napoli, 3 giornate di squalifica (poi ridotte a due) che spensero le velleità scudetto dei partenopei capaci di prendere solo un punto dalle due gare “casalinghe” giocate a Bari e a Roma. Nessuna attenuante per le intemperanze, mai ci dovrebbero essere, però la storia ci insegna che ad alimentare le folle c’è sempre una panacea messa in atto da scellerate modalità di gestione, oggi grazie a leggi incongruenti e incapacità di renderle applicabili, ieri per colpa di una evidente tendenza, chiamiamola pure eccessiva sudditanza psicologica, che favoriva le grandi squadra a discapito delle “forze minori” troppe volte danneggiate.

Ecco le immagini di quella “maledetta domenica”:

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