Dalla “Torrefazione azzurra” al “Bar Pippone”, la culla del tifo partenopeo

Erano gli anni dei primi vagiti, i favolosi anni ’30, la “Golden Age” per la neonata associazione calcio Napoli, impaurita e strampalata negli anni dello svezzamento, quando cocenti sconfitte e delusioni tenevano banco a qualche striminzita soddisfazione si affacciava raramente all’ombra del Vesuvio, corroborata dall’arrivo di qualche buon giocatore e dalla stella più lucente del primo ventennio azzurro, quell’Attila Sallustro emblema del Napoli sfacciato e voluttuoso, che ambisce a grandi traguardi ma che dimentica troppo in fretta di trovarsi una spanna sotto al cospetto delle potenze del nord.

Ma come in tutte le grandi storie di passione, nonostante i risultati non collaborino ad infervorare la piazza azzurra, si sente ugualmente il bisogno di affiancare la squadra dei vari Innocenti, Cavanna, Buscaglia, Mihalich per supportare un progetto che appartiene dapprima al popolo napoletano, affamato di cultura e di sport, bisognoso di confrontarsi e di sostenere la causa anche solo con la propria presenza, semplicemente con un’idea buttata lì per caso, prendendo parte ad una discussione, ad un’iniziativa di altri innamorati del colore azzurro che, a questo punto, reclamano una casa, un ritrovo, un tetto sotto il quale condividere e contagiarsi di tutto ciò che concerne squadra, società, mondo azzurro. Non erano più sufficienti quei capanni che si formavano a Piazza Trieste e Trento sotto la sede del “Mezzogiorno Sportivo” oppure alla Galleria Umberto, tra parole abbandonate al vento e proposte di passanti occasionali, era arrivato il momento di costituire il primo vero ritrovo per i sempre più numerosi nuovi tifosi della squadra che rappresenta una città intera.

Fu allora che un giornalista in voga per essere uno dei più quotati narratori delle vicissitudini azzurre, Felice Scandone, mise la famigerata “pulce nell’orecchio” di Pasquale Castaldo, titolare di una tabaccheria e supertifoso azzurro già dai primi anni di vita, al quale fu suggerito di inaugurare al più presto la casa che sarebbe stata il simbolo della passione azzurra riunita entro quattro mura ed un tetto, per dare calore ad un progetto, per renderlo concreto ed importante. Castaldo ci mise poco ad individuare all’angolo di via Medina quello che diventerà “Torrefazione azzurra“, una sciccheria di bar che sarà il centro del mondo per il vecchio e nuovo tifoso del Napoli. Ad inaugurarlo una lunga carovana di personaggi della sfera societaria, con Reale e Maiorano in primis, spalleggiati da Sallustro e da altri rappresentanti della squadra, ben presto frequentatori del nuovo luogo di culto per supporters, curato nei minimi particolari, con pareti tinte d’azzurro, addirittura divise dei baristi, tazzine con palloni decorati e suppellettili in tinta per ricordare il colore per il quale si è spinti da innaturale e sconosciuta forza.

Il giorno 4 Giugno 1932 anche il tifoso azzurro saprà dove bere il proprio caffè quotidiano, per discutere, condividere, criticare oppure elogiare le gesta della gara domenicale dei propri beniamini, non più a casa con la moglie indaffarata o con il suocero disinteressato, ma bensì tra i propri “simili”, tra coloro ai quali non serviranno tante spiegazioni per descrivere uno stato d’animo, una incongruenza tattica, un appoggio morale, ma anche solo una battuta di spirito per “sfrocoliare” i più seriosi e accigliati che vorrebbero imporre la propria visione delle cose. Il culmine veniva toccato quando le domeniche di campionato venivano ascoltate dal telefono pubblico in collegamento con la “Gazzetta del popolo” insignita di dover raccontare sull’edizione del lunedì risultati e fatti salienti del neonato Napoli, e siccome che il numero di partecipanti a quel “rito” aumentò a dismisura nel giro di pochi mesi, i risultati che man mano arrivavano alla cornetta venivano trascritti per questioni logistiche sulla specchiera del bar, ovviamente con gessetto azzurra, mica uno qualsiasi.

BarPipponeOggi si chiamerebbe “club”, ma quel luogo, oltre a racchiudere i primi passi di un gruppo sempre più numeroso di tifosi e simpatizzanti, andava al di là di un semplice ritrovo, poiché il fatto stesso di vivere in simbiosi con gli altri i primi passi, quelli più sofferti, della gloriosa storia azzurra racchiude un significato che non può essere limitato dai margini di una qualsivoglia associazione culturale, la “Torrefazione” aprirà la porta ad un ideale che diverrà necessario nello spirito degli appassionati partenopei che, qualche anno più tardi, sulla stessa falsa riga videro sorgere dapprima il “Bar Pippone“, di proprietà dell’ex azzurro Paulo Innocenti che, appese le scarpette al chiodo, assieme con la moglie bolognese si convinse ad aprire il locale che chiamò col soprannome che i napoletani gli diedero a causa delle proporzioni del suo naso.

In via Santa Brigida si incroceranno storie di calcio di ogni tipo, raccontate con simpatia e sarcasmo come solo i napoletani sapranno fare, tratteggiando la verità con fare pomposo, surrogata da linguaggio colorito e sinuoso arricchito dalle parabole dialettali, poesia per le orecchie di chi ha piantato le proprie radici nella cultura partenopea più profonda,  legate dal filo sottile di colore azzurro che caratterizzerà anche i successivi ritrovi, tra i quali ricordiamo il “Bar Cavanna” a via Roma, che strategicamente chiudeva il cerchio dei locali più in voga per gli amanti della squadra azzurra, per i quali fu stilata una vera e propria mappa dove era possibile seguire le notizie e le ultimissime del gruppo allenato da Mister Garbutt nei primi anni di vita.

Affascina sempre la pagina ingiallita delle gesta azzurre, anche quando ci si allontana dalla casistica puramente sportiva per districarci nell’immenso e sconfinato fiume della leggenda popolare, che cominciò all’epoca ad abbracciare un nuovo ideale, un modo pionieristico e moderno di trascorrere le ore liete della giornata respirando il calcio Napoli, aprendo la porta del cuore e dimenticando i guai chiudendo quella di casa.

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