Profili azzurri: Francesco Baldini

Spalle larghe e profilo sempre alto, quello di Francesco Baldini, il duro della retroguardia azzurra per otto lunghi anni, dal ’95 al 2003, durante i quali ne ha viste di cotte e di crude, passando in azzurro proprio nel peggiore dei momenti, quando la squadra risentiva dei disagi societari che presagivano un imminente fallimento e si faticava a restare in massima serie, destino condizionato da campagne acquisti fatte di prestiti di giocatori di passaggio, che arrivavano senza grandi pretese, utilizzando la piazza come porto di mare da cui prendere il volo per altre mete. Se considerate che Baldini, per alcuni anni è stato anche capitano di quel Napoli, allora è maggiormente comprensibile che, nonostante non fosse un fuoriclasse nel suo ruolo, abbia avuto il merito di “tenere botta“, di assorbire le contestazioni, e addirittura le aggressioni. Ma andiamo con ordine, Francesco arrivò al Napoli nella stagione 1995 dalla Lucchese, dove disputò un ottimo campionato cadetto, dopo essere passato ai toscani attraverso un prestito dalla Juventus, che ne acquisto il cartellino proprio dalla Lucchese, per 3 miliardi di lire, voluto fortemente da Trapattoni. In azzurro viene girato in prestito.

batistuta contrastato da baldini . bianchiDopo i primi anni in cui faceva da spola tra campo e panchina, il suo momento arrivò qualche anno più tardi, in tandem con Ayala, che riuscì a conferirgli quella fiducia necessaria per un difensore centrale dai piedi ruvidi ma tenacie e roccioso. La partenza dell’argentino aprì alla definitiva consacrazione di Baldini, che divenne anche capitano e cardine imprescindibile del reparto arretrato. Con l’avvento dei primi anni difficili il giocatore cominciò ad avere i primi problemi ambientali, causati da alcuni dissapori con parte di una frangia del tifo azzurro, che cominciò a bersagliarlo con insulti ed accuse. La nuova retrocessione ed alcune incomprensioni negli spogliatoi con un gruppo di calciatori azzurri convinsero la società a investire il compagno di squadra Magoni del ruolo di nuovo capitano, destando amarezza e delusione in Baldini, il quale chiese ed ottenne di essere ceduto alla Reggina. Dopo l’anno sabbatico in Calabria, grazie anche al nuovo tecnico azzurro Colomba che lo aveva appena allenato in maglia amaranto, rientra a Napoli in una stagione altrettanto maledetta, che vedrà gli azzurri contendersi la salvezza dal baratro della C, dove Baldini fu pesantemente contestato da parte della tifoseria, situazione che sfociò addirittura in una aggressione che è rimasta nel libro nero del calcio napoletano.

Dopo una gara al San Paolo contro il Palermo, raggiunta la sua Smart al centro Paradiso di Soccavo, Francesco si diresse verso casa, e soltanto dopo qualche chilometro si accorse di essere seguito da alcuni motorini in sella ai quali facinorosi e pseudo-tifosi azzurri, armati di spranghe e quant’altro, raggiunsero la vettura colpendola più volte, mandando in frantumi i vetri e ferendo il calciatore seppur in maniera lieve. Dopo qualche metro il calciatore fu costretto a fermarsi e ad affrontare almeno sei elementi, dimenandosi e riuscendo nell’intento di metterli in fuga. L’episodio fu stigmatizzato ai massimi livelli, ma ancora oggi si ricorda Baldini come uno dei pochi calciatori azzurri ad aver subito le conseguenze negative di portare la fascia di capitano di una squadra che, in quei momenti, passava periodi negativi, affossata ancor di più da questo mero atto di teppismo che fece epoca e che mise in cattiva luce l’ambiente partenopeo.

L’episodio fu stigmatizzato ai massimi livelli, ma ancora oggi si ricorda Baldini come uno dei pochi calciatori azzurri ad aver subito le conseguenze negative di portare la fascia di capitano di una squadra che, in quei momenti, passava periodi negativi, affossati ancor di più da quest’atto di teppismo che fece epoca. Lasciò definitivamente Napoli con la consapevolezza di aver sempre dato il massimo, nonostante qualche limite tecnico e caratteriale, si potrà dire di aver visto un professionista dallo spirito indomito, sempre pronto a battagliare in campo per fermare gli attaccanti avversari, con le buone ma anche con le cattive, restando sempre nei ranghi di un gioco rude ma corretto. In alcuni frangenti lo si può paragonare ad un altro capitano, più attuale, parliamo di Paolo Cannavaro, anche se quest’ultimo risulta essere più tecnico e con qualche acume tattico più accentuato.  Rimarrà il ricordo di un ragazzo che amava combattere e che non le mandava di certo a dire, uno dei pochi ad essere anche “Capitan coraggio“.

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