“A Napoli tutto è poesia: o’ pallone, le critiche, l’addore della città”: storia di un dialogo tra Sarri e Guardiola

Napoli-City, una sfida stellare. È stata descritta più o meno così ovunque, per il gioco espresso dalle due squadre, per la condizione che entrambe mostrano nei rispettivi campionati e per la sfida nella sfida, quella tra Sarri e Guardiola, due allenatori che se il modo di far calcio non l’hanno rivoluzionato, sicuramente lo hanno abbellito di un qualcosa di proprio, di caratteristico; di un qualcosa che il calcio ti fa venire voglia di godertelo.

In conferenza entrambi gli allenatori sono apparsi tranquilli, consapevoli dei pregi e dei limiti delle rispettive squadre; e consapevoli del percorso, diverso, che ora li aspetta. Parole di stima e di lucida analisi davanti alle telecamere. Ma cosa sarebbe accaduto se Sarri e Guardiola si fossero trovati a parlare in privato, da un capo all’altro di un telefono, subito dopo la partita giocata?

Noi lo abbiamo provato ad immaginare. Abbiamo provato ad inventarci una chiacchierata telefonica tra i due allenatori. Lontano dai media, lontano da occhi indiscreti, lontano dai curiosi. E, immaginando immaginando, li abbiamo fatti pure parlare in napoletano. Perché certe cose rendono davvero solo dette così. La situazione potrebbe essere pressoché la seguente: Sarri rientrato a casa chiama Guardiola, che afferra il telefono davanti alla finestra della sua suite, mentre davanti agli occhi ha una Napoli che gli appare ancora più luminosa del solito…

G. – Maurizio caro, ti stavo aspettando

S. – Ue Pè, veramente sapevi che ti avrei chiamato?

G. – E certo! Allo stadio non c’è stato modo di scambiarci una parola in tranquillità

S.- Come ti è sembrata stasera?

G.- Io mi so’ divertito. E tu?

S.- M’aggio arricreato. Ma i tifosi, non so. Si stanno già iniziando a dire cose, in tv, sui social, sui giornali…

G.- Maurì, e fall ‘è parlà. Domenica vinci e tornerai il Sacchi moderno. Tanto l’importante è che va bene in campionato, no?!

S.- Oh Pè, ma qua Sacchi e campionato? T’aggià vatter o che? Io devo far bene ovunque, io a cazzimm’ la voglio vedere in Europa, in Italia e pure a Castel Volturno.

G.- La cazzimma? Tipo quella al goal di Insigne? I miei difensori ancora stanno cercando di capire che è successo…

S.- Guardiò, e ‘rall cu sti complimenti! Stai facendo sviolinate da un mese, poi non ti si crede più

G.- Lo so, sono un po’ esagerato. Ma prenditeli i complimenti, ogni tanto, che te li meriti. Sai che c’è? Spero che il girone lo superate voi, veramente

S.- Pensate a vincere, che noi il pensiero di non perdere più già lo teniamo

G.- La cazzimma!

S.-  La cazzimma è una conseguenza naturale di una storia che ti ha visto sempre ai margini. Pep, qua la gente non ce la fa più, vuole tornare a sognare. Ma non sognare giusto per, sognare che si possa realizzare

G.- Realizzare cosa? E che c’entri tu con la gente?

S.- Quando vieni a Napoli, pure tu diventi la gente di questa città. Pure tu sei questa città. Una città che vuole realizzare l’impresa, il miracolo, la gioia di tutte le gioie: vedere la propria squadra vincente. È una questione di appartenenza, di riscatto, di un destino che torna a fare il suo corso è dà finalmente a Pullecenella quello che è di Pullecenella: il sorriso del vincitore. E la cazzimma è uno strumento per raggiungere l’obiettivo

G.- Ma questo non è calcio!

S.- No, è poesia. A Napoli tutto è poesia: o’ pallone, le critiche, l’addore della città

G.- Pure queste luci fuori dalla finestra sono poesia, Maurì. La vittoria e la qualificazione che ho conquistato stasera non sono niente di fronte a tutto questo

S.- Solo perché non le hai conquistate con e per Napoli. Altrimenti, t’avisse arricreat!

 

E giù la cornetta. Chissà, forse Sarri e Guardiola non si sarebbero detti nemmeno l’1% di quel che gli abbiamo virtualmente messo in bocca noi con questa chiacchierata. Forse, avrebbero preferito concentrarsi su tecnica e tattica, scambiato consigli e segreti del bel calcio, o si sarebbero fatti solo i complimenti e basta. Noi abbiamo provato ad andare oltre, ad avere uno sguardo un po’ più ampio e un po’ più romantico. Perché quando le cose non vanno bene, magari basta cambiare la prospettiva da cui guardarle.

Allora, immaginate pure voi: un Napoli che perde contro il City, che deve rivedere qualcosa, che deve essere criticato per gli errori che commette, ma non distrutto alla prima occasione buona; un Napoli che non ha perso matematicamente le speranze di passaggio del turno in Champions, che è in testa al campionato e la testa – la propria e quella in classifica – non la deve smarrire. State immaginando? Ah, no: questa è la realtà.

 

Di Feliciana Mascolo

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