“Facciamo ipocrisia”. Milik, il centravanti di scorta e quella critica…

Un cattivo adagio, cercare il colpevole anche quando è la cattiva sorte, ancora una volta, a piazzare il colpo. E in maniera spietata. Quanto accaduto ad Arkadiusz Milik nel finale di gara del Mazza di Ferrara va oltre, diviene accanimento nei confronti di un ragazzo che aveva lottato, di testa prima ancora che di fisico, per ritornare ai propri livelli dopo una mazzata terribile. Il mondo che crolla, la risalita tra le normali difficoltà dopo la rottura di un crociato, poi di nuovo il baratro. Ma tornerà, Arek, più forte di prima. Perché il carattere al ragazzone di Tychy non manca, tantomeno la voglia di spaccare il mondo. Il ritorno ben impresso nel mirino, c’è da rispondere picche ad un destino che nell’ultimo anno non gli ha concesso tregua.

LA CRITICA

Un capro espiatorio, dicevamo, nell’esericizo di critica che sfocia in paradosso. Perché il puntare il dito, consci di quanto accaduto, va oltre il mero esercizio di stile. ‘Accusa’ chiara, sebbene discutibile: una programmazione estiva lacunosa, che non ha tenuto conto del ritorno del centravanti polacco dall’infortunio – e va ribadito che Milik ricalcò i campi di gioco per la prima volta nel febbraio scorso, collezionando da allora 19 presenze – e lasciando in rosa solo due centravanti: Milik, appunto, e Dries Mertens. Tutto, si aggiunge, aggravato dal fatto che in rosa c’erano due rappresentati nel ruolo dalla resa più o meno affidabile: Duvàn Zapata e Leonardo Pavoletti, ceduti rispettivamente a Sampdoria e Cagliari nel finale del mercato estivo.

LA RISPOSTA

Sferzata che Maurizio Sarri ha prontamento rispedito al mittente nella conferenza della vigilia di Napoli-Feyenoord, senza batter ciglio: “Facciamo ipocrisia. È assurdo tenere tanti giocatori per poi escluderli dalla lista. Poi bisogna vedere anche con che testa potevano rimanere i ragazzi avendo la consapevolezza di essere una terza punta. Se si rompono Icardi o Higuain, la situazione per Inter e Juve è la stessa”. Ed è davvero difficile muovere qualche appunto a una tesi che non mostra crepa alcuna. Il raffronto con i bianconeri, poi, limpido: Mandzukic l’unica vera alternativa nel ruolo di prima punta al centravanti argentino in un reparto che brulica di talento ma che di ‘9’ veri ne ha due, due soltanto. Tornando alla critica, Zapata era ormai fuori dai programmi della dirigenza azzurra dal prestito biennale all’Udinese. Giunto alla definitiva consacrazione, l’ex Estudiantes mal digeriva lo status di rincalzo dal quale il suo ruolo nello scacchiere azzurro non poteva assolutamente prescindere. Meglio cercare gloria in lidi meno nobili, ma che garantissero titolarità e possibilità di dimostrare il proprio valore. Cosa che sotto la Lanterna sta accadendo.

Discorso omologo per Pavoletti, Napoli nel gennaio scorso la grande occasione. Meglio definirla illusione, tirando le somme, con l’esplosione definitiva di Mertens e il ritorno dello stesso Milik lo spazio progressivamente si è ridotto al lumicino. Difficoltà acuite da una condizione fisica che di pari passo non poteva diventare smagliante causa mancato minutaggio. Meglio migrare verso la Sardegna, anche se l’approccio, a differenza del colombiano, non è stato folgorante. Entrambi, dunque, uniti alla volontà della società, hanno deciso di salutare un progetto che non poteva che vederli ai margini. Scelta inappuntabile, soprattutto se si è consapevoli delle proprie, indubbie, qualità. E se la forza di un gruppo è da sempre l’unita d’intenti, il morale di tutti, nessuno escluso, con quale animo i due attaccanti avrebbero vissuto un’annata da ‘reclusi’, dovendosi accontentare delle briciole? La risposta appare abbastanza scontata.

LE LISTE

Ad avvalorare il tutto le maglie in cui le società devono muoversi: la composizione delle liste per Serie A e Champions League. Venticinque giocatori ‘over 21’, dei quali almeno 4 ‘formati nel club’ ed almeno altri 4 ‘formati in Italia’, per il campionato italiano; con la possibilità di inserire un numero illimitato di Under 21. Un massimo di 25 giocatori, di cui almeno due portieri, con un minimo di otto posti riservato esclusivamente a ‘giocatori cresciuti a livello locale‘ per la massima competizione europea. Lista, quest’ultima, dalla quale il Napoli ha escluso Lorenzo Tonelli, ed è facile presumere che la stessa sorte sarebbe capitata ad uno dei due attaccanti in questione.

La risposta, dunque, nei numeri e nei fatti. Perché ad un Napoli a punteggio pieno dopo sei giornate – record della storia partenopea – e pronto al riscatto in Champions appunti simili non possono essere mossi. L’unica critica, variando sul tema, può essere rappresentata dal fatto che il settore giovanile azzurro al momento non possa offrire giocatori in grado di poter garantire un apporto alla causa della prima squadra in situazioni simili. Talenti al livello dei Cutrone o Pellegri, per fare due nomi. Ma, restando alla critica in questione, se la campagna acquisti estiva sarà, a conti fatti, da considerarsi rivedibile sarà per altri motivi, non per la composizione di un pacchetto offensivo sul quale era difficile muovere particolari appunti il 31 agosto, questo è certo.

Edoardo Brancaccio

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