Covid-19 – L’infermiere a SN: “Ho scelto Maradona perché dovremmo essere tutti come lui in campo per battere il virus”

Il calcio non è solo un gioco. È speranza, tra le tante cose, e in un momento del genere c’è chi prende ispirazione da quelli che non sono soltanto dei calciatori in campo. Angelo è un ragazzo di 25 anni, nato e cresciuto a Napoli. Alla fine del 2017 ha terminato i suoi studi per poi intraprendere definitivamente la sua carriera da infermiere, a Milano. Lavora all’ospedale San Paolo di Milano Sud e attualmente si trova impegnato, da circa un mese, nel reparto dedicato al Covid-19.

Negli ultimi giorni il ragazzo napoletano ha postato una foto su Instagram nella quale è ritratto nell’indossare un camice particolare, con nome e numero di Diego Armando Maradona sulle spalle. Noi di SpazioNapoli lo abbiamo intervistato e gli abbiamo chiesto, tra le tante cose, perché proprio Maradona.

L’INTERVISTA AD ANGELO

“Sono un responsabile dell’assistenza infermieristica. Monitoriamo il paziente per tutto il giorno attraverso il monitoraggio dei parametri vitali, della gestione clinica e assistenziale del paziente, nonché farmacologica. Ovviamente il nostro è anche un lavoro psicologico in questo momento, considerando che il paziente è lontano dall’affetto dei propri cari.

Noi così come i medici, gli operatori socio-sanitari, i fisioterapisti, i tecnici di radiologia, abbiamo tutti la stessa importanza in questo lavoro. Tutti abbiamo un ruolo fondamentale nei confronti del paziente. Lo scopo è quello di raggiungere un obiettivo terapeutico nei suoi confronti. Chi conosce bene l’ambito ospedaliera è consapevole dell’importanza che ogni ruolo ricopre nell’obiettivo finale di cooperare insieme per il bene del paziente.

Stare a contatto con la morte? È una sensazione bruttissima. In tutti i modi cerchiamo di evitarla, gestendo al meglio ogni caso e con urgenza quelli più gravi. Quando, purtroppo, non riusciamo a tenere in vita un paziente ci sentiamo inermi, insoddisfatti, nonostante sappiamo di avercela messa tutta per far sì che ciò non accadesse – ha raccontato Angelo.

Quando ho iniziato questo percorso non mi sarei mai aspettato di vivere una situazione del genere. Viviamo un vero e proprio momento storico ma questo periodo ha confermato ancora di più che l’obiettivo della mia vita è proprio questo lavoro. Sono orgoglioso di essere un infermiere e sono fiero di aver fatto questa scelta.

La cosa che mi colpisce di più è il fatto che noi fungiamo da tramite tra i pazienti e le loro famiglie. Permettere a loro di avere un contatto con le persone care, seppur visivo, attraverso una videochiamata è molto emozionante. Una scena che mi è rimasta impressa, e che credo porterò nel cuore per sempre, sono le lacrime versate da una moglie giovane per suo marito ricoverato in ospedale. Sono momenti che ti colpiscono, indelebili, che vanno oltre la tua professione.

Perché Maradona sulle mie spalle? Ho avuto la sfortuna di non vederlo dal vivo ma noi napoletani cresciamo nell’ombra di Maradona. Da piccoli ci insegnano il dizionario, la Bibbia e Diego. Essendo un grande tifoso del Napoli per me è un idolo assoluto. Ho scelto lui in questa situazione particolare perché credo che andasse oltre tutte le aspettative. Era un fuoriclasse fuori e dentro il gruppo. Ho provato a trasportare le sue caratteristiche carismatiche all’interno del mio ambito lavorativo. Ognuno di noi dovrebbe prendere di riferimento una figura come quella di Maradona per affrontare questa situazione difficile. C’è bisogno di tirare il meglio da tutti e chi meglio di lui sapeva farlo. Il suo coraggio, la sua grinta, elementi indispensabili anche per noi.

La mia famiglia è a Napoli ma ci vediamo ogni giorno tramite videochiamate. Appena terminerà tutto tornerò nella mia terra perché ci sono molto legato. E di certo quello che farò quando tutto sarà finito, sarà stare una giornata intera in riva al mare a sentire soltanto il suono delle onde e la brezza marina.

Ho scelto sia i pregi che i difetti di questo lavoro e stiamo mettendo anche la paura da parte in questo momento per affrontare il virus in prima linea”.

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GIUSEPPE ANNARUMMA

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