La grande illusione: tra i fischi del San Paolo è finito il Napoli di Carlo Ancelotti?

Ore 22:50, l’arbitro Calvarese di Teramo fischia tre volte e mette fine a Napoli-Genoa e forse anche al Napoli targato Carlo Ancelotti. I poco più che ventimila presenti allo Stadio San Paolo fanno sentire tutto il loro dissenso verso un gruppo che nell’ultimo mese, sembra aver perso tutto ciò che di buono era riuscito a costruire negli ultimi anni.

Napoli-Salisburgo, ha scoperchiato un “vaso di Pandora” era pronto ad esplodere da tempo per far venir fuori tutte le insicurezze, le incertezze ed malumori di un gruppo che appena un anno fa, senza troppi sforzi era la seconda forza del campionato italiano. Il pubblico stavolta però non ha criticato e fischiato tutto quello che si è detto, fatto o non fatto fuori dal terreno di gioco tra colorite ricostruzioni dei fatti e messaggi vocali sempre più fantasiosi. Stavolta i fischi erano solo e soltanto per quanto visto nel rettangolo verde, l’unico vero grande giudice del lavoro di questo Napoli.

IL PRIMO ANCELOTTI

Nell’estate del 2018, Aurelio De Laurentiis prese una decisione, per sostituire Maurizio Sarri convinse un dei più grandi tecnici della storia del calcio a sposare il progetto Napoli. Carlo Ancelotti sembrava uno dei pochi allenatori al mondo capace di poter sostituire il toscano. D’altra parte, il curriculum e la bacheca parlavano e parlano tutto’ora per lui. Appena insediato, l’idea è stata chiara fin da subito: “Non sono qui per pettinare le bambole”. Così il pluridecorato ex Milan al suo primo ritiro di Dimaro. Nella sua prima stagione, gli azzurri sfiorano una miracolosa qualificazione agli ottavi di Champions, vengono eliminati in malo modo dalla Coppa Italia e dall’Europa League e arrivano secondi in campionato senza troppi sforzi. A fine anno la distanza dalla Juve è di undici punti.

ANCELOTTI DUE

La seconda stagione del tecnico di Reggiolo si è aperta come quella precedente: “Pensare al secondo posto mi fa venire i brividi”. Dichiarazioni che oggi probabilmente avranno lo stesso effetto su tanti tifosi. Ancelotti promuove il mercato, la società investe senza vendere nessuno dei suoi prezzi pregiati (escluso Raul Albiol) ma solo le seconde linee. Arrivano, Manolas, Di Lorenzo, Elmas, Lozano e Llorente.

Dopo una rocambolesca vittoria a Firenze si vola subito a Torino contro la Juventus del grande ex Maurizio Sarri. Il Napoli viene dominato per 60 minuti ma trova la forza di reagire. Lo sfortunato autogol di Koulibaly nega il pareggio che sarebbe stato meritato. La squadra c’è, è viva e lo dimostra anche in Champions battendo i campioni d’Europa in carica al San Paolo per 2-0. Il Napoli non offre un grande spettacolo sul piano del gioco ma sembra una squadra abbastanza solida e che comincia a trovare delle labili certezze.

L’INIZIO DELLA FINE

Tutto però si scioglie come neve al sole con Napoli-Cagliari. La sconfitta contro i sardi è più di una doccia fredda per gli azzurri che da quel momento non ritrovano più la giusta serenità. Sembra essere quello ad oggi il vero spartiacque della stagione azzurra. In quel momento, gli azzurri, forse, hanno realizzato di non poter competere con Juve ed Inter per il tricolore e sembrano aver tirato i remi in barca. Nelle dieci partite successive infatti, tra campionato e Champions, lo score è a dir poco imbarazzante per il livello dell’organico. Tre vittorie, sei pareggi e una sconfitta.

Una debacle incomprensibile per quanto visto e fatto nelle prime gare stagionali. In un mese e mezzo, il Napoli di Carlo Ancelotti è riuscito a perdere tutto. Affetto dei tifosi, sostegno della stampa, fiducia nel tecnico da parte della società e unità in uno dei gruppi più importanti nella storia del calcio Napoli, forse il più forte nel post Maradona.

LA FINE DI UN CICLO?

Nella stessa situazione, qualsiasi altro allenatore sarebbe stato accompagnato alla porta senza mezzi termini. Aurelio De Laurentiis ancora non ha preso la sua decisione sul futuro di Carlo Ancelotti che però dovrebbe rimanere alla guida della squadra. L’impressione è che oggi Carletto resti aggrappato alla panchina azzurra grazie al suo passato glorioso, al suo sostanzioso stipendio e alla pochissima scelta di allenatori disponibili sul mercato.

Oggi sia lui che la squadra non sembrano aver dato cenni di vita. Quello azzurro è sembrato un gruppo senz’anima e senza cattiveria. Un gruppo al quale manca la voglia di rimboccarsi le maniche e di ritrovare tutti insieme la strada giusta per tornare ad una vittoria che in campionato manca da un mese! Oggi, dopo un anno e mezzo quasi di gestione, Carlo Ancelotti ancora non è riuscito a trovare un assetto definitivo al suo Napoli né come uomini né come modulo e ha portato la squadra al settimo posto.

Nella sua magnifica carriera, Carlo Ancelotti verrà ricordato come un grande gestore di grandissimi campioni, oggi però forse al Napoli serve un comandante. Un uomo che sappia gestire quei giocatori che hanno già dimostrato in passato di essere degli ottimi soldati. Carlo Ancelotti, può essere il comandate di questo Napoli? Forse avrà ancora tempo per dimostrarlo ma con ogni probabilità non lo meriterebbe.

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ILARIO COVINO

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