Il Napoli, tra i grandi, ci può stare. Ci deve stare. E non deve porsi limiti

Il Napoli tra i giganti c’entra, ci sta benissimo, ci fa anche una bella figura, anche se talvolta è costretto a guardarli dal basso verso l’alto. È un’altra dimostrazione del perché, a certi livelli, a certi palcoscenici, il Napoli si sta abituando. E non c’era un’occasione più propizia per dimostrarlo.

Perché le ombre che s’erano annidiate in estate, in un modo o nell’altro, andavano travolte da una nuova luce. E che luce. Perché, soprattutto, il Napoli non aveva un’incombenza del risultato. C’è un quartetto di partite non insormontabili da affrontare in campionato, ci sono poi Genk e Salisburgo nel girone: su di loro sarà fatta la corsa per il ticket verso gli ottavi.

Quindi no, con il Liverpool perdere non sarebbe stata neanche una catastrofe. Ma Mertens, Callejon, Koulibaly e compagni hanno ignorato persino questo particolare, affrontando i campioni d’Europa come per riconquistare qualcosa. Tipo gli ottavi sfumati al traguardo, sul più bello, la scorsa stagione. Koulibaly aveva qualcosa da vendicare, un debito con se stesso dopo la sciagura contro la Juventus. Mario Rui le critiche fin troppo severe: fu il responsabile della sconfitta di Anfield. Ha limitato, insieme a Insigne, Salah e Alexander-Arnold. Egregio.

E poi c’era, all’interno del recinto di gioco, il ballo dei debuttanti: Meret e Di Lorenzo. Da veterani: il primo che salva con la manona su Salah, il secondo che difende, attacca, corre e fatica per due.

Il Napoli doveva misurarsi, l’ha fatto: s’è scoperto grande. Ha imbrigliato il palleggio di Klopp, evitato le scorribande dei pericolosissimi terzini, spesso valori aggiunti nella fase offensiva dei reds. Ha tenuto botta quando si è trattato di soffrire, quando le energie fisiche sono calate al minimo, dopo settanta minuti di alto livello. Non sono crollate quelle mentali, quelle nervose: la stanchezza è stata arginata, i minuti finali gestiti alla perfezione. Soprattutto, si è usciti alla distanza nel ritmo e nell’intensità: un’impresa contro le sempre straripanti squadre inglesi.

Una partita preparata bene, interpretata anche meglio. E una dimostrazione che sa di conferma: lì, il Napoli, ci può stare. Ci deve stare. E non deve porsi limiti.

Vittorio Perrone

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