Adda passà ‘a nuttata, Kalidou

Allianz Stadium. È la magica serata del Big match… Che partita! Proprio come uno spettacolo teatrale o una vera opera di letteratura… Classe, suspense, colpi di scena… Sì, grandi colpi di scena, perché proprio mentre il Napoli era sotto di tre gol, gli azzurri, dopo un primo tempo sottotono, riescono a dimostrare tutto il loro temperamento e con una gran rimonta raggiungono i rivali grazie alle reti di Manolas, Lozano e Di Lorenzo. Finalmente arrivano i minuti finali, dopo una lotta durata più di 90′ ci siamo quasi, la fine è vicina, il sipario sta per calare Ma poi…. Punizione per la Juventus, è Pjanic a dover mettere il pallone in mezzo. È solo un attimo, ed ecco che quel pallone sbatte sul piede di qualcuno, per poi finire in rete.

Un tonfo assurdo al cuore, che si ferma per una manciata di secondi. Il piede è suo, quello di Kalidou Koulibaly, il colpo di testa allo stadium di due anni fa che fece letteralmente impazzire i tifosi partenopei, l’eroe metà senegalese e metà napoletano, il gigante buono, il cuore d’oro. È proprio lui, che, con l’intento di fare ciò per cui è nato, il difensore, ecco che ri-segna allo stadium, ma stavolta, clamorosamente, nella sua porta. Ed è un attimo, un attimo solo e l’adrenalina cala, tutto l’entusiasmo accumulato si abbassa, il mondo attorno si ferma. Migliaia di tifosi stanno vivendo le medesime sensazioni. È come un corto circuito. Tutto, completamente illuminato, improvvisamente si spegne. E, a staccare la spina, è il difensore più forte del mondo. La rabbia allora inizia a montare , la delusione cresce, l’incredulità sale. Sì, il Napoli era ad un passo da un bel traguardo, un pareggio strappato nella patria del nemico, una fantastica rimonta, la grinta alle stelle, com’è potuto accadere? Cos’hai fatto, Kalidou?!

Ma poi lo sguardo cade lì, su quella sagoma stesa a pancia in giù in area di rigore. Si rialza, il volto è fradicio di sudore, gli occhi spenti e tristi. Nessuno vorrebbe trovarsi nei suoi panni in questo preciso istante. L’uomo che ha deciso le sorti di Juventus-Napoli due anni fa, avvicinando la sua squadra al tanto sospirato scudetto, le decide nuovamente quest’anno, trascinando, però, i suoi compagni, verso la sconfitta. E chissà cosa batte, in quel cuore d’oro, chissà quante immagini stanno passando attraverso quegli occhi così lucidi e carichi di disappunto, verso se stesso, verso la sorte, verso il calcio che a volte sa essere così sfortunatamente crudele e maledettamente imprevedibile. Chissà quante domande e quanti perché.

Ma lui, Kalidou, il popolo napoletano lo conosce bene ed è ormai parte di esso. Lui sa quanto batte forte il cuore, lui lo conosce quell’amore folle e irrazionale, lo sente sulla sua pelle e lo vive con la massima intensità. Quante volte ha dimostrato di essere un fuoriclasse, quante volte, con umiltà e dedizione alla maglia, si è dimostrato campione vero. E sì, De Gregori cantava bene, “Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia“. E quanto coraggio, quanto altruismo, quanta fantasia, il magico KK. A lui va questa melodia, in questa strana e un po’ assurda serata, sul suo e sul cuore dei tifosi si incidono queste parole. I veri campioni non sono quelli che non sbagliano mai, ma coloro che dopo gli errori dimostrano la forza per rialzarsi. E allora testa alta, ancora una volta. Stasera, rispetto a due anni fa, non è meno forte, ma semplicemente meno fortunato. E si sa, il valore di un calciatore non lo stabilisce la fortuna.

Sì, Kalidou, questa sarà una lunga notte, una di quelle da non riuscire a dormire, una di quelle in cui i rimorsi premono e quasi schiacciano, ma domani si riparte. Il calcio è, illogicamente, anche questo. E tu avrai perso una partita, ma hai riconfermato due cose molto più importanti: la consapevolezza di essere comunque il più forte, e un potere più importante di qualsiasi vittoria in campo: quello dell’amore, imprescindibile, incondizionato e senza riserva, quello che ti abbraccia e ti consola, quello che non ti abbandona: quello del tuo popolo.

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Alessandra Santoro

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