Una sconfitta su tutti i fronti, un risultato senza appelli. Ma credere alla rimonta è l’unica cosa sensata da fare

È stata una sconfitta su tutti i fronti. Quello mediatico, di come era stata annunciata una gara da mille e una notte, che avrebbe salvato dalla mediocrità un Napoli galleggiante. Serviva una notte da sogno, come quelle dell’anno scorso e di fine 2018, quelle che restano scritte, quelle degli highlights visti e rivisti. “Se non fossimo pronti, non saremmo qui”, aveva detto Ancelotti. E tra addetti ai lavori si minimizzavano le sconfitte e i pareggi passati: la gara importante, si diceva, arriverà.

È stata una sconfitta sul fronte del campo, con un Napoli annichilito e riemerso solo a tratti. Tante scoppole, con l’Arsenal che fatica a capitalizzare al netto di una superiorità evidente e straziante. Il 2-0 è senza appelli. Sbaglia Mario Rui, sbaglia Fabian, fallisce Ancelotti, falliscono tutti.

È stata una sconfitta per il calcio italiano, inchinatosi ancora una volta al cospetto di una Premier straripante fisicamente e tatticamente. Dove si corre al doppio della velocità, dove la quinta in classifica strapazza almeno per 45′ la seconda in Italia.

E tra una settimana, con un mese d’anticipo sulla chiusura, la stagione del Napoli può essere più conclusa. Con trenta giorni davanti da attraversare come pura formalità.

C’è un condizionale che nel calcio è sempre d’obbligo. Perché il Napoli, fino alle 23 del 18 aprile, deve credere alla rimonta. Deve farlo la squadra, deve farlo Ancelotti, devono farlo i tifosi al San Paolo. Oggi è più un atto di fede che una convinzione concreta, ma è l’unica strada percorribile e che abbia senso intraprendere. Per tre motivi: perché talvolta i miracoli sportivi (e di quello si parla) accadono (vedi Roma-Barcellona), perché l’Arsenal in trasferta è decisamente più fragile della sua versione casalinga. E perché, soprattutto, tra campionato e coppe, non c’è molto altro a cui pensare.

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