Napoli-Juventus, emozioni di padre in figlio: la punizione di Maradona

È difficile trovare una spiegazione plausibile dal punto di vista razionale. È incomprensibile come un gesto tecnico, per quanto superlativo, possa emozionare chi lo guarda ad anni e anni di distanza. Non solo chi l’ha vissuto, però. Perché io non ho visto giocare Diego, eppure se rivedo quella punizione – che avrò visto già centinaia di volte – non posso far altro che rimpiangere di non essere nato prima. Sarebbe stato bello poter vivere quel momento ma, per fortuna, ci sono persone che riescono a trasmettere le emozioni che hanno vissuto in prima persona in quell’istante.

3 novembre 1985, stadio San Paolo. Si gioca Napoli-Juventus e al minuto 71′ l’arbitro Redini di Pisa affida una punizione a due agli azzurri, in area della Juventus sul risultato di 0-0.

Non c’era distanza ma Diego si girò e disse che gli avrebbe fatto gol comunque”, ha rivelato qualche anno fa il suo amico ed ex compagno di squadra Beppe Bruscolotti. “C’era l’impressione che stesse per accadere qualcosa di storico”, mi confida mio padre che era lì presente, in Curva A, proprio dietro la porta che avrebbe visto entrare un pallone che sfidò le leggi della fisica. Proprio come quando a Michael Jordan veniva affidata la palla decisiva degli ultimi 3′ secondi. Come quando Freddie Mercury saliva sul palco e si apprestava a raggiungere il microfono, o come l’ultimo round di Rocky vs Drago in Rocky IV. Insomma si stava per scrivere la storia e qualcuno l’aveva già compreso.

Diego mantenne la promessa facendo venir giù il San Paolo: “Non capimmo più nulla dopo il gol. Una delle emozioni più forte che io abbia mai provato in quel di Fuorigrotta. C’era gente che piangeva di gioia, chi si abbracciava, chi non smetteva di urlare a squarciagola, chi con le mani tra i capelli restò incredulo per ciò che aveva appena visto”, racconta ancora mio padre.

Sono passati ormai anni da quel giorno ma mio padre si emoziona ancora quando rivede quel gol. Mi succede la stessa cosa, eppure quel giorno non ero allo stadio, non ero nemmeno nei programmi dei miei genitori in realtà. E sono convinto che il gesto del Pibe resterà sempre nella mente e nel cuore dei tifosi del Napoli e di chi ama questo sport. Perché non si tratta solo di calcio: quel sinistro illogico ha colpito i sentimenti di chi stava assistendo a qualcosa di magico, come può fare una canzone o un dipinto. Era arte, e come questa verrà tramandato nel tempo, da padre in figlio.

GIUSEPPE ANNARUMMA

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