Hamsik e Callejon, senatori al potere: il Napoli rimette la chiesa al centro del villaggio (Cina permettendo)

Era troppo brutto per essere vero, quel Napoli. Era solo un incubo, di quelli tremendamente realistici e che lasciano scorie mentali anche nella vita reale. Era solo un incubo, San Siro, Piatek, gli schiaffoni e un Napoli debole e fragile.

Magari fosse vero questo assunto. No, quel 2-0 patito nella gelida notte di San Siro era fin troppo reale. Reale era l’assenza di ambizioni e una confusione palese in campo. Reale, dunque, era la rabbia per una sconfitta troppo netta.

Tra Milan e Sampdoria sembra passato un mese. E invece sono solo tre giorni: abbastanza, per un Napoli che doveva necessariamente riconquistare il favore popolare. Ma non solo: c’era da riacquistare certezze, quelle smarrite interamente nel Piatek-Show.

E due, almeno due, sono state ritrovare: Hamsik e Callejon. Le geometrie del primo, il passo del secondo. Mancate, tanto, a San Siro. E non solo: nell’arco del girone d’andata, forse.

Restituire centralità e dignità al blocco storico diventa un diktat, nell’attesa delle gare vere, quelle da dentro o fuori. Tra dodici giorni l’Europa League consegnerà al Napoli lo Zurigo, primo scoglio (neppure troppo alto) del percorso. Una strada lunga e tortuosa, da affrontare con le certezze di un gruppo forte e non disunito in campo. Quindi centralità al gruppo dei “senatori”. I primi due, contro la Sampdoria, hanno risposto con una prova di spessore e personalità.

Hamsik dirige con sapienza per un’ora buona di gioco, Callejon sfreccia finché il fiato regge. Su quell’asse si consuma il vantaggio del Napoli con un’azione favolosa, su quell’asse si confezionano le azioni più pregevoli del primo tempo. E le sirene cinesi, per Marek, forse smetteranno presto di suonare. Anche perché lasciarlo partire a stagione in corso e mercato chiuso non sarebbe – eufemismo – una furbata.

L’espressione facciale incupita non è un segnale incoraggiante, certo, né le notizie di radio mercato, ma al momento il Napoli ha il dovere di non privarsi di un elemento così valido a centrocampo. Soprattutto dopo aver ceduto Rog.

Tornando al campo: se cercava risposte, Carlo Ancelotti le ha avute. Anche da Insigne, che segna e corre ad abbracciarlo. E poi Koulibaly, Mario Rui, Zielinski: che risposte.

È bastato – per riesumare una dichiarazione dell’ex tecnico della Roma, Rudi Garcia – rimettere la Chiesa al centro del villaggio.

Vittorio Perrone

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