L’arte è fine a se stessa, se ossessionata dal risultato perde efficacia

“Art for art’s sake”. O “l’art pour l’art”. Si può dire in inglese, in francese, ma il significato, come l’oggetto della definizione, resta universale. L’arte è fine a se stessa. O meglio, questo è nell’idea degli esteti, intesi come esponenti dell’Estetismo, corrente artistica della seconda metà dell’ ‘800, che tendeva ad esaltare il bello e la forma sulla realtà.

Espressione dell’estetismo calcistico è, senza dubbio, il Napoli di Sarri, che ha rispolverato la bellezza del calcio in uno dei paesi più tradizionalisti e conservatori nel preservare ed esaltare la concretezza, l’Italia. Un calcio, quello italiano, da sempre bilanciato, attento, poco incline alla bellezza nella predilezione per il risultato. 

Un paese dove esiste solo la vittoria o l’insuccesso, dove non esistono mezzi termini, dove si basano le valutazioni solo sulla bacheca, senza considerare quello che il calcio è, oltre ai trofei.

Il calcio è, innanzitutto, uno sport. E come lo sport dovrebbe essere inteso, esso dovrebbe tendere ad esaltare valori come l’unità di squadra, l’impegno, la qualità dell’espressione. 

Il calcio è, in secondo luogo, spettacolo. Lo spettacolo che va dal minuto 0 al minuto 90, così come va da agosto a maggio, nel caso del campionato. Il calcio non è solo il triplice fischio o l’assegnazione del trofeo finale, il calcio è, soprattutto tutto quello che succede durante i 90 minuti, durante i 9 mesi che dipingono un’intera stagione.

Sarebbe come giudicare un film solo sulla base degli incassi, una canzone sulla base del seguito o un quadro sulla stima degli esperti. L’arte è ciò che comunica, è l’emozione che suscita, è universale soggettività. 

E il Napoli, da quando è arrivato Sarri, ha saputo essere espressione artistica del calcio, ha saputo esprimere i valori dello sport, costruendosi con lavoro e determinazione un volto bello, spettacolare ed ha saputo, soprattutto, divertire divertendosi. 

Ha raggiunto un livello talmente alto da aver assunto, secondo alcuni, addirittura la responsabilità di dover vincere. Certo, il trionfo è la giusta ricompensa per un bravo artista e l’occasione che gli azzurri stanno vivendo è imperdibile. Questo, però, non fa del Napoli una squadra che deve vincere, perchè la vittoria del Napoli è già aver rimesso in seria discussione un campionato dominato e stradominato nei sei anni precedenti dalla Juventus. 

La vittoria del Napoli è aver suscitato l’ammirazione e i complimenti di tutta Europa e dei più autorevoli esponenti del calcio. È aver illuminato più e più volte con il suo azzurro un calcio a forti tinte bianconere.

Il campionato non ha un verdetto definito. Certo, il successo finale risulta, oggi, più complicato per gli azzurri e forse – non una giustificazione, ma una motivazione – ciò è dovuto a una sorta di imposizione che il gruppo si è dato. Il sentire questa responsabilità, forse, ha reso l’arte azzurra non fine a se stessa, ma inevitabilmente focalizzata sulla vittoria finale, incidendo sulla brillantezza delle ultime prestazioni.

MARCO BREGLIO
RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Home » Notizie Napoli Calcio » Copertina Calcio Napoli » L'arte è fine a se stessa, se ossessionata dal risultato perde efficacia

Impostazioni privacy