Giorgio Ascarelli, l’ebreo che fondò il Napoli

di Vittorio Perrone (@pervi97)

Giorgio Ascarelli/ Il suo nome riecheggiava già nell’Olimpo della storia del Calcio Napoli, una signora con cui pochi presidenti hanno avuto modo di danzare. Riecheggiava in qualche racconto di quelli tramandati di padre in figlio. Racconti di epoche diverse, di uomini e modi di fare considerati obsoleti. Giorgio Ascarelli è il padre del Napoli, il primo presidente a regalare il nome della città alla squadra di calcio. Il fondatore dell’indissolubile unione tra il popolo e il pallone.

GIORGIO ASCARELLI, UN UOMO NEL FUTURO

Prima del 1926, prima di Ascarelli, era solo Internaples. Divenne Associazione Calcio Napoli, Ascarelli ne fu il padre. Lui, che aveva ereditato la sua fortuna e aveva messo in piedi un piccolo impero nel settore tessile. Disse:

Pur grati a coloro che sono stati la nostra matrice, l’importanza del momento e la maggiore dignità cui il nostro sodalizio è chiamato mi suggeriscono un nome nuovo, nuovo e antico come la terra che ci tiene, un nome che racchiude in sé tutto il cuore della città alla quale siamo riconoscenti per averci dato natali, lavoro e ricchezza. Io propongo che l’Internaples, da oggi in poi, e per sempre, si chiami Associazione Calcio Napoli.

Prima di essere un imprenditore, Ascarelli era un ebreo-napoletano. E non nascondeva le sue origini, in un’epoca che già sembrava il preludio a ciò che sarebbe arrivato.

No, Ascarelli non si nascondeva. Ne faceva vanto, sfoggiava le sue origini. Promosse il Rinascimento Ebraico Napoletano, fondò il Real Circolo Canottieri Italia, sulla banchina di Santa Lucia. Lo sport, il calcio, l’arte. Uomo dalle mille sfaccettature, pittore autodidatta già da tenera età.

Eppure ebreo, un marchio incancellabile.

Come se il solo atto di nascere fosse una sua colpa, imperdonabile per giunta. 

LA CREAZIONE DI GIORGIO ASCARELLI: LO STADIO VESUVIO

Un merito incancellabile, invece, fu lo stadio da lui eretto. Il primo di proprietà della Napoli del pallone, e anche il solo (per ora). Il Vesuvio: quello era il suo nome. L’unione tra città e squadra s’era rafforzata ulteriormente, simbolicamente. giorgio ascarelli

Ventimila posti: un’enormità.

Il progetto futurista di un uomo già proiettato nell’avvenire. Un futuro roseo, dove il calcio era alla portata di tutti, come lo sport in generale, come l’arte. Un futuro che non si sarebbe mai realizzato.

Perché nel 1930, all’età di appena 36 anni, una peritonite fulminante lo portò via. Erano passati diciassette giorni dall’inaugurazione del Vesuvio, appena due partite disputate davanti ai suoi occhi. L’impianto fu rinominato “Giorgio Ascarelli” a furor di popolo. Vox Populi, vox Dei. Non secondo il potere.

Dopo l’emanazione delle leggi razziali, Mussolini pose un veto anche su quel monumento (non si offendano i puristi dell’arte se definiamo tale uno stadio). Divenne “Stadio Partenopeo”. Invidia, principalmente. No, un ebreo, uno sporco ebreo, non avrebbe dovuto né potuto essere ricordato in modo così benevolo.

Quell’impianto l’hanno raso al suolo le bombe, la memoria di Ascarelli è ancora in piedi. È un po’ sbiadita, probabilmente i cittadini e i tifosi più giovani tengono a mente a malapena il suo nome, ma c’è. E può ritornare in auge grazie all’iniziativa di De Magistris. Il sindaco infatti ha lanciato un annuncio accolto tra i metaforici applausi dei napoletani.

PIAZZA GIORGIO ASCARELLI

Piazzale Vincenzo Tecchio (quello adiacente lo stadio San Paolo e la Mostra d’Oltremare) si chiamerà Piazza Giorgio Ascarelli. E per la cronaca, Tecchio non era un uomo qualsiasi. No. Era un deputato fascista, anche segretario del partito. Una sorta di rivincita, per quell’impianto voluto e costruito e per la volontà – spezzata – di portare Napoli in una nuova era di splendore.

Forse, dopo oltre 70 anni, non tutta la “memoria” è andata perduta. 

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