EsseReina o non esseReina: conta più il carisma o un portiere senza macchia?

Questo non è uno dei tanti tiri a giro pescati sul palo lungo con la mano di richiamo, questa non è neanche una sassata dai venti metri. Che vuol dire? Che questo chiacchiericcio non è nient’altro che un calcio di rigore: pure a porta vuota. Che i napoletani – e chi pretende di masticarne – non sbagliano, appoggiando il pallone delle polemiche docilmente nell’angolino di qualsiasi bar, ovunque essi si siano riuniti questa mattina. Quasi esultando per il premio tanto ambito de ‘io l’avevo detto’.

Leitmotiv, parte ennesima: Reina ha sbagliato. Reina quasi costava i tre punti. Reina però è il leader della squadra. Reina è il pupillo di Sarri. Reina è un portiere di trentacinque anni, e già questo vuol dire tutto. Reina, soprattutto, è il punto debole. E dei punti deboli si ha paura: tremendamente poi quando sei lassù, a mille passi dal tutto e ad un passo dal niente. Cadere è un attimo, farlo per un problema così conclamato diventa inaccettabile perché ormai parte costituente della coscienza azzurra.

ESSE-RE-INA

Il re è nudo. O meglio: non è infallibile. Pepe è un rimpianto che non s’è fatto rimorso per la troppa paura di alterare gli equilibri, di esporsi alla luce del sole, ai riflettori dei grandi. Essere Reina allora è diventato esattamente il contrario di quel che ha sempre rappresentato: talento e unione, il matrimonio perfetto tra il campo e l’esterno, tra popolo e squadra. Elementi che si sciolgono dinanzi alle frasi fatte, alla mancanza di pazienza dopo le mille delusioni di mille notti. Perché il miglior alimentatore di polemiche resta sempre lo stesso: chi critica lo spagnolo lo fa perché qualcosa dentro gli è cambiato, perché prima era solito crederci ad occhi chiusi.

L’uomo dell’amore diventa anche l’uomo della divisione: un paradosso bello e buono anche per una città che ha saputo cavalcarle, certe ‘ipocrisie‘. Farle proprie, e spesso farle fruttare. Ma questa è una storia che va oltre l’azzurro, oltre Napoli e il Napoli. È una storia che oggi paga le sue lacune.

IL PEPE DELLA DISCORDIA

È una storia che oggi paga la paura del cambiamento ma forse guadagna nei momenti, negli attimi nascosti in cui una grande squadra si può far leggenda. Pepe è il capobanda dei sogni, dell’attesa, della speranza. Di un tempo che s’è fatto maturo. Pepe è il faro della rinascita. Pepe è l’ultimo baluardo, e cioè l’uomo in cui la squadra ripone una fiducia mai condizionata. Sbagliano tutti, pure i portieri. Però Reina resta lì perché compensa a telecamere spente, perché è stato fondamentale nel processo di crescita di tutto l’ambiente. Perché lo è ancora, a suo modo. Perché può fare comunque la differenza in mille altri aspetti, quelli relativamente importanti ma non per questo trascurabili.

È un pizzico di romanticismo, in fondo. Un caldo abbraccio dopo gli ultimi schiaffi del mercato. Un mezzo sogno che per un attimo spinge nel dimenticatoio la questione centrale: Reina resta il portiere titolare. E ora come ora resta l’anello debole di una squadra che va invece a mille all’ora. Dunque, chi ha ragione?

L’ULTIMO TANGO

L’ultimo ballo insieme diventa dunque un lungo sopportarsi: perché un amore sciupato dalla disillusione non si riaccende, non lo fa mai. E il vento del giudizio spirerà per un anno intero. Con la domanda che si fa pressante, come un crescendo di pianoforte mentre sei assorto nei tuoi pensieri: ne valeva davvero la pena? Lo spagnolo, la moglie, la querelle con ADL, il Paris sulla sirena delle trattative. Un lento climax di tensione e di polvere su quel nuovo e splendente telaio oggi risuona come un campanello d’allarme forzatamente ignorato. Senza apparente ragione.

Quel vivere l’ultima grande emozione sta lasciando spazio ad un’insofferenza di fondo che non fa bene nessuno. Decisamente non a lui, a chi dovrebbe difendere i pali azzurri e si ritrova puntualmente sulla bocca del prossimo. Fosse stato un ‘uno contro uno’, Pepe avrebbe fatto il suo: ma queste son polemiche che non si parano. Tenerlo con sé, oggi, ha svariati sensi ma un’unica direzione: quella di accettarne i difetti ribadendo la sua parte d’importanza in questa squadra. L’ha detto Sarri, l’ha detto il presidente, lo dicono i suoi compagni. Lo continua a ripetere Pepe, forse sarebbe meglio se si facesse accompagnare dai fatti.

Ma questa è una storia per i romantici, si sa. E se vinceranno i romantici, nonostante tutto, il mondo tornerà ad essere un posto migliore. Il carisma di Pepe vale il gioco.

Cristiano Corbo

 

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