Dalla ferocia dei primi tempi alle vittorie nel finale: crescere attraverso la gestione della gara

La sfida tra Napoli e Bologna al Dall’Ara ha lasciato nelle tasche azzurre dubbi e certezze. Il Napoli ha trovato sulla sua strada un Bologna conscio del pericolo e dei propri limiti, che bene ha saputo limitare la proverbiale fluidità della manovra partenopea. Almeno sulle prime.

La partenza azzurra è, infatti, forse tra le meno energiche da quando a sedere sulla panchina del Napoli è Maurizio Sarri. Sì, perché nelle ultime due stagioni la squadra ha abituato chi la affronta a dover prestare attenzione alla mentalità con cui il Napoli calca il terreno di gioco nel primo tempo. Una partenza con il turbo che ha spesso saputo intimorire i rivali, con sprint iniziali devastanti. Una capacità di azzannare la partita nel primo tempo che ha spesso reso subito facili partite ostiche. Durante lo scorso campionato di Serie A, il Napoli ha chiuso per 21 volte il primo tempo in vantaggio. Primo in questa particolare classifica, che vede seguire a 20 le due squadre che hanno preceduto gli azzurri: Roma e Juventus.

Una tendenza, però, che pare destinata ad invertirsi in questa stagione.

Per la terza volta di fila, dopo la partita di Nizza e quella in casa contro l’Atalanta, il Napoli risolve la partita nel secondo tempo. Già, perché nel primo la copertura e la pressione del Bologna al Dall’Ara sono tutt’altro che aggirabili. Gli azzurri manifestano grande difficoltà ad inserirsi tra le strette maglie rossoblù, fatta eccezione per qualche tentativo di Mertens, fermato con le buone o con le cattive da Helander.

Certo, grande merito all’organizzazione tattica del Bologna, ma se (in parte) fosse strategia? Nelle occasioni su citate di inizio-shock da parte del Napoli, la squadra azzurra ha spesso mostrato inclinazione a cedere un po’ nel finale, concedendo qualche succulenta occasione di troppo agli avversari, che ne hanno spesso approfittato per ridurre il parziale e rimettere la sfida in discussione. Emblematica Empoli-Napoli: 0-3 al 45′, 2-3 al 90′.

La sbagliata gestione delle energie è stata forse una delle mancanze più incisive nella scorsa stagione. Era quel qualcosa che si chiedeva al Napoli in più per fare il grande passo e diventare così una grande squadra. E l’approccio alla gara degli uomini in maglia azzurra appare oggi meno frenetico ed energico forse anche in virtù di questo dettaglio, che dettaglio non è.

Certo, c’è da considerare anche il fatto che potrebbe essere dovuto a una maggiore conoscenza e uno studio del gioco di Sarri da parte di chi deve affrontarlo. Specie se chi deve affrontarlo ha subito un ‘affronto’ nella scorsa stagione, arrivando ad incassare un 1-7 in casa. Roberto Donadoni è, dunque, riuscito a limitare il gioco del Napoli nelle zone più importanti, arrivando ad incatenare gli azzurri rendendoli innaturalmente improduttivi. 

Il paradosso è che il gol che sblocca la gara è forse la giocata più ripetuta e prevedibile del Napoli, nel momento in cui prende palla Insigne: taglio di Callejòn, pennellata del 24, gol dello spagnolo. Ripetuta e prevedibile, sì, ma a quanto pare difficile da contenere. Decisiva, per rivedere il Napoli famelico, che poi, con grande semplicità torna a ballare la solita soave e orchestrale sinfonia. 

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