Solo la matematica può condannare questa squadra

I numeri son belli, tutti belli. Lo sono dalla prima all’ultima statistica, dalla prima all’ultima giocata, dalla prima all’ultima emozione. Son belli perché rappresentano al meglio quel che è il Napoli oggi: una squadra grossa, enorme, fortissima. Che però si ferma lì, ai numeri. Senza salire sull’altare della vittoria, e senza neanche sfiorarlo.

Solo la matematica però può condannare una squadra che ha fatto il record di punti quando manca ancora una giornata, solo la matematica può condannare un gruppo che manda a memoria un gioco paradisiaco. Che diverte, si diverte, fa a gara con se stessa dalla prima giornata. E poi, inevitabilmente, fa i conti con il proprio presente. Non certo da buttare, ma da analizzare per bene: perché per quanto si corra forte, il nastro al traguardo lo taglia sempre qualcun altro. E allora, un po’ di domande sorgono. Inevitabilmente, disturbano.

È effettivamente ‘troppo poco’, questo risultato? Lo è. Senza mezzi termini, né mezze misure: ‘accontentarsi’ è diventato il massimo auspicabile in un’annata in cui andrebbero assegnati tre – e non uno soltanto – titoli nazionali. Una sorta di ‘gran galà’, con il premio della critica ad un Maurizio Sarri che ad oggi, tra le mani, si ritrova il prospetto più interessante. Chiaro: estate permettendo. Perché quanto certificato dalla curva, resta un discorso che mai come stavolta non va lasciato in balie di (il)logiche di mercato che si compongono di sogni prima, di illusioni poi.

In ogni caso, arrivare potenzialmente ad ottantasei punti impone un solo credo: quello della vittoria. Certo, in nessun campionato europeo questa squadra avrebbe totalizzato il numero necessario per vincere il campionato di riferimento. Ma in nessun altro campionato il Napoli avrebbe potuto esprimere un gioco tanto bello quanto efficace. È che da qualsiasi punto di vista lo si guardi, l’ibrido tra tiqui-taqua e possesso prolungato rappresenta una variante che ha pochi (forse nessuno) rivali in Italia. E che in Europa s’appresta a diventare mina vagante.

Insomma, il futuro sorride abbastanza. Mentre il presente ‘condanna’. No, non per la mancata vittoria: quanto per i soliti rimorsi che tornano, e ritornano, e torneranno ancora. Per intenderci: avesse vinto i due scontri con l’Atalanta, a quest’ora il Napoli sarebbe addirittura (quasi) scudettato. E invece, dopo questo gioco, dopo questi record, dopo questa meravigliosa accelerata verso i sogni, gli azzurri si ritrovano a dover affrontare un preliminare di insidie e troppi fronzoli.

Il bicchiere è bello pieno, mai stato a metà: ma lo è perché è solo la matematica a chiudere porte in faccia a questa squadra. Un caso strano e paradossale, di cui si fa portavoce anche una meravigliosa Roma. Eppure, chi sta davanti, non ha mai dato un’impressione di strapotere come le due che l’inseguono. Gli strani giri del destino della Serie A, in fondo: forse Sarri non ha mai avuto tutti questi torti, o forse – per quanto possa dar fastidio – c’è stato qualcuno di più bravo (e fortunato).

 

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