Dall’Atalanta all’Atalanta: due sconfitte possono complicare una stagione?

NAPOLI ATALANTA/ Saper individuare le proprie ambizioni dovrebbe essere un’azione riconosciuta come arte. Sapere a cosa ambire, a cosa puntare, fissare degli obiettivi e raggiungerli con tempo, fatica e sudore. Tappa dopo tappa, giorno dopo giorno, lotta dopo lotta in una continua scalata. Per una cima che, in fondo, non arriverà mai. Riconoscere le proprie ambizioni serve per non cadere in una sorta di indecisione da “cosa vuoi fare da grande?”. Già, bella domanda. E per le squadre di calcio? C’è la Juventus, che ha il suo motto nella ricerca assoluta della vittoria, e c’è l’onesto Chievo, che invece si gode una permanenza soddisfacente in Serie A. Ci si lavora da inizio anno, si combatte, ci si sacrifica. E si festeggia. Già, basta riconoscere la propria dimensione, le proprie ambizioni.

DALL’ATALANTA…

La propria dimensione, forse, il Napoli non l’ha ancora scoperta: facile far proclami di scudetto e trovarsi a lottare per l’Europa. Facile affermare la permanenza in Europa per sette stagioni di fila e ancora non aver sollevato trofei in quest’ambito. Il Napoli s’è dovuto svegliare dalle velleità di scudetto un girone fa, quando un’Atalanta (ancora) piccola ma stoica mise a nudo le fragilità difensive degli azzurri e inaugurò un ottobre infernale. Tra Roma e Besiktas le certezze si sgretolarono come un castello di sabbia dopo una pioggerella. E l’infortunio di Milik ridusse il Napoli ad uno straccio, che fu poi prontamente trasformato in un abito bellissimo.

diawara napoli atalanta
Diawara si dispera dopo il K.O.

Il Napoli, di fatto, disse addio alla corsa Scudetto lì, in quell’ottobre maledetto cominciato dall’Atleti Azzurri d’Italia. Forse ammetterlo non sarebbe stato un errore. Perché la dimensione del Napoli non è quella da team in grado di portare a casa il Tricolore. La realtà va guardata dritta negli occhi. Ed allora sì, la sconfitta di Bergamo, l’ottobre maledetto, l’infortunio di Milik erano tutti fattori prevedibili. Se vi fosse stato il polacco, il Napoli sarebbe lì, a lottare con la Juventus? E con Higuain? Chissà. Di fatto il revisionismo storico è una delle pratiche più inutili. Niente “se”, niente “ma”, niente condizionali. Solo fatti.

… ALL’ATALANTA

Dall’ottobre maledetto, frutto di uno scherzo di Halloween anticipato, il Napoli è uscito alla grande. Il dicembre immacolato, il Natale alle porte, le vittorie che si sono sprecate, i goal che sono piovuti a grappoli, i complimenti che si sono accumulati. Nel frattempo il Napoli s’è qualificato agli ottavi di Champions, ha incontrato e perso con il Real, Mertens si è riciclato e reinventato come centravanti. Tutto meraviglioso, immacolato. Ad ottobre, sì, proprio ottobre, risaliva l’ultima sconfitta in campionato. Il 29, con la Juventus: preventivabile, non impossibile da metabolizzare. 14 risultati utili di fila sono stati accumulati successivamente: striscia non di poco conto. Fino a ieri. Fino… all’Atalanta.

(VIDEO: ATALANTA, IL RITORNO TRIONFALE A BERGAMO)

Sembra uno scherzo del destino, non lo è. Magari lo fosse. No, è frutto di una squadra che, sulle ali dell’entusiasmo, ha annichilito Sarri e i suoi ragazzi. Due partite, due vittorie orobiche. Tre goal a zero per i bergamaschi. Nel frattempo, però, l’obiettivo stagionale s’è palesato: la qualificazione in Champions. Ben lontana dalla vittoria di uno Scudetto che manca da quasi 27 anni, ma il massimo a cui al momento si possa ambire. Atalanta permettendo. Ancora loro. Stavolta è stato Caldara (LE SUE DICHIARAZIONI NEL POST-PARTITA), che nella gara d’andata aveva compiuto il suo esordio, a costringere Sarri e qualcun altro a fare un passo indietro, a rimuginare. Doppietta e Napoli spedito nell’inferno del dubbio.

PERICOLO CHAMPIONS

Occhio alla Champions, insomma. Che il Napoli meriterebbe, per qualità e continuità di prestazioni. E che, però, non è scontata come appariva nei tempi migliori, quelli d’un 1-7 rifilato al Bologna a domicilio. No, c’è l’Inter che viaggia spedita, c’è l’Atalanta che segue le orme del Leicester campione d’Inghilterra, ci sono Lazio e Milan che sono tutt’altro che fuori dai giochi. Sembrava davvero tutto magico, quella possibilità di inseguire la Roma (e la Juventus) senza doversi guardare alle spalle. È bastato un Caldara all’improvviso (QUI I COMPLIMENTI ED I FESTEGGIAMENTI DI PETAGNA) per rendersi conto che la distanza con le inseguitrici non è poi così tanta. O incolmabile.

Il Napoli non perdeva dal 29 ottobre, dicevamo. Ma la Dea ha interrotto diverse strisce: Quella delle partite in cui l’attacco azzurro è andato a bersaglio, per iniziare. Non accadeva da un girone che Mertens e compagni restassero a secco, non accadeva da… beh, dall’Atalanta! E, soprattutto, il Napoli non rimaneva a bocca asciutta al San Paolo (in campionato) da ben 24 partite. L’ultima volta era capitato con il Chievo (0-1). La Dea è, a conti fatti, la bestia nera, la chimera, la costante maledetta di una stagione indecifrabile. La truppa di Sarri raggiungerà l’Europa che conta? Non è scontata come risposta. Anche perché la sconfitta del San Paolo e il Caldara-day mettono a repentaglio le certezze su cui poggiava (e poggia) la banda in maglia bianca (e non più azzurra).

La statistica infranta dall’Atalanta

Dubbi amletici che poche settimane fa non sarebbero neppure lontanamente balenati nelle menti di Sarri, di De Laurentiis, di Mertens, di Hamsik e di ogni singolo elemento della rosa. Ciò accade in un periodo cruciale, quello del trittico Juventus-Real-Roma che deciderà la stagione del Napoli. E allora sì, mettiamole in chiaro queste ambizioni. Dall’Atalanta all’Atalanta: e adesso?

Vittorio Perrone
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