Se il Napoli avesse subito dieci reti in meno

Provate voialtri a mettervi nei panni di un portiere nel raccogliere il pallone dal fondo del sacco. C’è sconforto, ovviamente. Gli occhi bassi e la voglia di rimettersi in carreggiata nel gesto di scaraventare la sfera verso il centro del campo. E lo stesso discorso vale per i difensori ed il resto della squadra. Subire un goal è l’atto di sconfitta del giuoco del calcio. Certo, ci può stare: in fondo a “pallone” si gioca in 22 e l’importante, d’altronde, è segnare un goal più degli avversari. È ciò che ti fa vincere una partita.

IL NAPOLI SUBISCE TROPPE RETI

E i campionati? A lungo andare è difficile reggere ritmi di 5-6 goal a gara. Già, forse ne basta uno. Limitando, ove possibile, le reti al passivo. È una legge non scritta del mondo del calcio: la difesa è la vera arma che permette di conquistare i campionati. La Juve, solida e compatta, lo sa: negli ultimi cinque anni ha sempre accompagnato al titolo di Campione d’Italia quello di miglior retroguardia. Poco spettacolo, tanta solidità.

Quella che il Napoli, dati alla mano, non sta palesando. Per carità, un 7-1 a domicilio di un’avversaria è un toccasana per l’umore di squadra e tifosi. Eppure il pareggio con il Palermo resta una macchia quasi indelebile nel corso del cammino. Forse, a posteriori, due successi per 1-0 sarebbero stati più efficaci. Non roboanti come il trionfo bolognese, sia chiaro, ma avrebbero decisamente fruttato più punti. 

Sono le difese a vincere i titoli. E la Juventus di quest’anno lo conferma: appena 16 goal subiti. Con le piccole (0-2 recentissimo a Crotone), così come con le big (1-0 rifilati a Roma e Inter). E allo Juventus Stadium la banda di Allegri ne ha incassati 6, contro i 14 subiti dal Napoli al San Paolo. Troppi. Il clean sheet – altra nota da mani nei capelli – manca in campionato dall’11 dicembre (Cagliari-Napoli). Un secolo fa.

SOSTITUTI NON ALL’ALTEZZA

Colpa di due assenze particolari: quella di Albiol, tra ottobre e novembre, e quella di Koulibaly, non arruolabile tra dicembre e gennaio causa Coppa d’Africa. Mancanze enfatizzante dalla scarsa affidabilità dei sostituti: Maksimovic non si è ambientato del tutto all’interno dei metodi Sarriani, Tonelli ha celato una scarsa condizione e alcuni errori grossolani ergendosi a salvatore della patria, Chiriches lotta con i problemi fisici. Quando mancano quei due signori, tra cui s’è formata un’alchimia tanto speciale quanto – apparentemente – indistruttibile, il Napoli traballa, si perde nelle proprie debolezze. Avverte se stesso come un corpo piccolo e fragile, facile da pungere e punzecchiare, da scherzare e infilare. 

È un problema. E sì, ammettiamolo, questa squadra tanto bella da vedere, a tratti perfetta, ha un piccolo difetto. Quella grana che si configura nel “vorrei ma non posso” di Sarri e i suoi ragazzi. Troppi goal subiti. Facile da riassumere così. Più difficile estrapolare la radice di questo dilemma, un tarlo che rosicchia dal suo interno il meccanismo del Napoli.

SCELTE DI MERCATO: LA RADICE DEL PROBLEMA?

Forse l’origine risale all’estate, alle scelte operate in sede di mercato. Forse un difensore in più, magari uno più pronto di Tonelli (arrivato in ritiro, dopo una spesa di 12 milioni, già infortunato), avrebbe fatto al caso del Napoli. D’altronde Lorenzo non ha potuto mai lavorare sui movimenti difensivi in quelle tre settimane in Trentino. E Maksimovic, arrivato a fine sessione dopo un tira e molla di due anni, ha impiegato un bel po’ per inserirsi e soltanto ultimamente ha mostrato segni di progresso. Un Rog di meno (ottimo investimento, ma minutaggio scarsissimo anche per l’affermazione di Zielinski sul centrodestra) in favore di un difensore più facilmente integrabile nella rosa azzurra: forse – avverbio necessario – sarebbe stata la soluzione giusta.

A posteriori, però, è facile ragionare. E in fondo Marko Rog può diventare davvero un craque (detto alla portoghese) nel panorama italiano ed europeo. Il problema là dietro, però, esiste, è reale ed esplicitato matematicamente dai numeri: 26 reti, 10 in più della capolista. Sì, avete capito bene: basterebbe aver subito dieci reti in meno. Basterebbe aver associato una solidità difensiva all’attacco spumeggiante, il migliore del campionato: dove sarebbe ora il Napoli? Bella domanda.

Vittorio Perrone
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