Esame di maturità

Profumo di Champions, l’atmosfera della partita dell’anno che avvolge, inutile smentire, sarebbe un paradosso. Real-Napoli è già un chiodo fisso, un leit motiv che rimbalza incessante, senza soluzione di continuità. Un’intera città che attende trepidante, l’ambiente che pulsa. Battito, respiro, all’unisono, tutto dirottato in direzione Manzanarre, sponda Santiago Bernabeu.

La realtà però è sempre pronta a ribadire la propria essenza, in maniera brutale, spietata. E a riportare tutti, almeno per i prossimi due giorni, con i piedi ben saldi al suolo. La piazza può sognare, guardare oltre, è lecito, consentito. Il gruppo no, e Maurizio Sarri non mancherà di ribadirlo cadenzando le ore che verranno verso un solo obiettivo: il Genoa di Ivan Juric.

La sfida ai rossoblù, nell’anticipo di venerdì al San Paolo, rappresenta un vero e proprio esame di maturità. La linea di confine verso la grande squadra, quella avvezza a palcoscenici di livello. E che sa calcarli a dovere. Senza cedere il passo. Una prova del nove ostica, e che impone agli azzurri il massimo della concentrazione possibile. Il momento di crisi dei liguri: cinque sconfitte nelle ultime sette gare, l’ultima vittoria che risale addirittura alla metà di dicembre –  di misura al Ferraris contro la Fiorentina – non deve indurre nell’effimera tentazione di sottovalutare 90 minuti che andranno vissuti, giocoforza, al massimo delle energie fisiche e mentali. Attitudine, prima di tutto. Perché proprio il Napoli, dai sanguinosi passi falsi casalinghi contro Sassuolo e Palermoha attinto alla cicuta che la Serie A è in grado di propinare nella situazioni più inaspettate.

L’ammissione di colpa, limpida, nelle parole di Nikola Maksimovic negli istanti antecedenti il trionfo del Dall’Ara: “Pensiamo solo a noi stessi, la settimana scorsa abbiamo visto il risultato della Roma e siamo entrati in campo col Palermo sicuri di vincere, poi sappiamo bene com’è andata”. Errore fatale, punti pesanti che non possono che gridare vendetta se rapportati al ruolino di due squadre, Juventus e Roma, che tra le mura amiche presantano una marcia praticamente perfetta. Battute d’arresto in grado di vanificare il percorso d’autore lontano da Fuorigrotta, dove il gruppo di Sarri ha raccolto 21 punti in 11 gare. Tutto al cospetto di un tecnico, Juric e di un modello di gioco, il 3-4-3 mutuato negli anni da Gasperini e rivisto dal tecnico croato, che nel girone d’andata ha messo in evidenze non poche lacune nella macchina quasi perfetta costruita dal tecnico ex Empoli. Agonismo, passo, pressing ossessivo con l’intento di spegnere le fonti di gioco, privare di ogni riferimento il fraseggio partneopeo. E un duello, uno contro uno, come linea guida nella contesa lunga 90′ di gioco. Queste le chiavi del pari a reti bianche in Liguria, ancora peggiore l’esito con il maestro di Juric – Gasperini, appunto – nella sconfitta dell’Atleti Azzurri d’Italia di Bergamo.

Un esame di maturità, insomma, con cui soppesare le velleità di un intero collettivo. E potersi definire grandi, per davvero. Il modo migliore con cui approcciarsi alla gara tanto attesa. Un carico di tre punti, pesanti, sarebbe un ulteriore trampolino verso la trasferta dell’anno.

Edoardo Brancaccio

 

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