La sentenza del Sant’Elia: Dries Mertens ha imparato a fare il centravanti

Dicono che nel calcio esistano nove ruoli e due mestieri: portiere e centravanti. Ecco, forse è la sintesi perfetta di quello che è il metodo infallibile per vincere le partite: segnare e non subire. Sintesi che riassume 11 calciatori in campo, sia chiaro, perché in fondo la partita “va riempita” e tutti risultano determinanti. Con una tripletta, però, la scena la rubano un po’ tutti. L’autore si prende persino il pallone, lo fa proprio come un trofeo di guerra che sentenzia: “sei stato il migliore in campo”.

DRIES MERTENS, TRIPLETTA D’AUTORE

Dries Mertens ha segnato tre goal a Cagliari. Lo sanno più o meno tutti dalle parti di Napoli: eppure il Napoli, quello del pallone, ha disputato una gara eccelsa in Sardegna. Prestazione d’altri tempi o di tempi nuovi, da squadra che s’è ritrovata all’improvviso. E che ha trovato in Dries un timoniere, un valore aggiunto. A Lisbona e a Cagliari. Bello di notte e di giorno, in formato Champions e in tenuta da campionato. Quando entra e quando parte nell’undici d’inizio. E soprattutto da ala come – finalmente – da centravanti. Ruolo che Dries ha imparato faticando, con le botte incassate dalla fisicità dei difensori, con i movimenti riusciti poco e male e con qualche prestazione in penombra. Complice l’ovvia difficoltà di un ruolo inesplorato, un brano inedito suonato per la prima volta, un libro non ancora studiato. dries mertens

“Non ho ancora imparato”, aveva dichiarato subito dopo il goal con serpentina annessa al Da Luz. Al Sant’Elia, invece, Mertens ha aggiunto un piccolo (o forse grandissimo) tassello alla sua crescita professionale. Sbagliando s’impara, imparando si cresce. E una tripletta equivale ad un tema da dieci che strappa i sinceri complimenti del professore (Sarri). Tre goal, tre sentenze. E tutti da centravanti purissimo e di razza. Il primo è un gioco di prestigio nelle strettoie angustissime della difesa sarda. Si gira in un fazzoletto di campo, trafigge Storari con una traiettoria così perfetta da sembrare frutto del destino. Sì, il fato vuole che quel pallone termini lì, nell’angolo. Una mistura di gesti tecnici apprezzabili e decisioni dell’Universo.

LA PARTITA DI DRIES MERTENS

Giornata positiva, sì. Forse una su trentotto di campionato. Forse un caso che non si ripeterà. No, nessuna di queste asserzioni è corretta. I tre goal di Mertens non sono frutto del puro caso: Dries li cerca e li insegue come un cacciatore di taglie, un segugio professionista. Calcia nove volte e in cinque occasioni trova lo specchio della porta. Se ne divora uno (bravo Storari, per carità) ma si riscatta in bello stile. Cinico a sfruttare l’assist di Insigne e lo svarione difensivo sul secondo goal. Poi va via di classe e trafigge Storari di giustezza.

Una fusione tra estetismo e pragmatismo. Gioca 31 palloni, neppure tantissimi: eppure ne perde appena uno. In tre occasioni porta a casa un calcio di punizione: ha imparato persino a difenderlo, quel pallone. I goal stagionali, ora, salgono a dieci: la doppia cifra è raggiunta. Quattro sul palcoscenico europeo, sei in campionato (dove non segnava dal 26 ottobre). Con le difese chiuse Dries aveva accusato qualche problema in più: tre reti di cui due a Pescara, prima giornata. Fino ad oggi, fino alla sentenza del Sant’Elia:“Io faccio il mio lavoro, poi è il mister a decidere dove mettermi” dice a fine partita. E poi la sentenza: “Siamo forti”. 

Vittorio Perrone
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