Irrinunciabile Raul

Dieci minuti a cronometro, uno scatto, un tipico ripiegamento e poi una fitta. Sono passati poco più di 40 giorni da quel Napoli-Benfica, il picco più elevato del Napoli in quest’inizio stagione a due marce, 40 giorni senza Raul Albiol. Da quella gara tanto, praticamente tutto, è cambiato in maniera radicale. La vetta della Serie A che muta in miraggio, sintomi sempre più evidenti di un’ennesima stagione all’insegna del vorrei ma non posso. Il girone di Champions che si complica, sebbene gli azzurri mantengano ancora il primato in classifica, e un insieme di dubbi che si insinua e diviene tarlo. A tutti i livelli.

albiol reina di francesco nap bologna

Nel mezzo, a margine della seconda sosta stagionale, un altro infortunio, certo, quello che ha costretto Sarri a fare i conti con la mancanza del centravanti principe, Arek Milik, centro di gravità permanente di un modello tattico a misura di centravanti puro, quello che alla distanza sta dimostrando di non poter rappresentare Manolo Gabbiadini. Ma è dietro, nel reparto arretrato, che gli affanni si sono maggiormente manifestati in un ruolino di marcia che ha assunto i tratti del requiem sulle aspettative stagionali: tre vittorie, quattro sconfitte e due pareggi in nove gare senza lo spagnolo. Sei reti in sette gare al passivo con l’ex Valencia a tirare le fila del pacchetto arretrato, quattordici goal subiti in nove in sua assenza.

I dati difficilmente sibilano menzogne, quasi mai. E il responso si mostra sfrontato, eloquente. L’ex Real è elemento irrinunciabile, un dato che in molti raramente hanno colto. Basti pensare alla sufficienza con cui si guardava all’eventuale partenza di Albiol in direzione Valencia la scorsa estate.

Non per Sarri, che sul classe ’85 madrileno ha investito tempo e dettami, fino a farne il vero, reale, perno del reparto arretrato. E neanche per l’intero entourage azzurro, che non ha lesinato sforzi fino a sigillarne il rinnovo. Non solo le innate doti tecniche e di palleggio, o la capacità di guidare la linea secondo i movimenti richiesti dal tecnico ex Empoli – dote che è propria sia di Koulibaly che di Chiriches – ma, soprattutto, per la sicurezza impartita all’intero reparto. Leader silenzioso, ma presente. Con i suoi difetti, indubbio, ma troppo importante. E non è un caso che anche le topiche individuali, mere distrazioni, siano aumentate a dismisura. Il vero male di un reparto che, grazie anche alle indubbie qualità di Maksimovic e Chiriches, raramente ha demeritato nel suo insieme, ma ha smarrito quel senso di sicurezza che era un caposaldo la passata stagione. Una sosta, quindi, quanto mai benevola. Ormai il ritorno in gruppo è un dato, agli atti. L’attesa è finita. Alla Dacia Arena di Udine, Sarri ritroverà il suo indispensabile pretoriano. Pronto a riprendere il percorso lì, dove tutto sembra essere smarrito.

Edoardo Brancaccio

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