Ghoulam e Hysaj, falsa partenza. L’equilibrio da ritrovare passa dagli esterni

Un meccanismo perfetto, tutti gli ingranaggi al posto giusto, risultato garantito. Il Napoli e le fasce, catene solide su cui gettare le basi di un equilibrio che è stato una costante, caposaldo dello splendido primo Napoli disegnato da Sarri.

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Esterni bassi ed esterni alti in un connubio fluido, corrente irrefrenabile in cui far fluire un’idea di gioco. Impeccabili, Ghoulam, Insigne e Mertens sul mancino, Hysaj e Callejon sul lato opposto. Con la compartecipazione essenziale degli interni a metà campo, ovvio. E se nelle prime due gare stagionali l’apporto di Mertens e Callejon ha mantenuto le attese, dimostrazione le sei reti passate soprattutto dal lavoro sugli esterni, lo stesso non si può dire delle controparti sulla linea di difesa.

L’annata scorsa ha rappresentato un crocevia importante nella carriera di Ghoulam e Hysaj, testa alta e biglietto da visita per il calcio che conta. Di lì gli estimatori, tanti: 2914′ giocati il primo, addirittura 3.284′ l’ex Empoli; più che titolarissimi, ossigeno nei polmoni del gruppo. Un ruolo conquistato nel tempo dall’algerino, entrando a piccoli passi nelle alchimie di Sarri. Panacea per tutte le occasioni Hysaj, persino a sinistra nelle prime giornate, quelle dell’assestamento. Ognuno a modo suo, elegante nello scatto e dalla giocata propizia negli ultimi venticinque metri l’ex Saint Etienne. Hysaj la scure, invece, mastino implacabile in marcatura, garanzia di accortezza,affanno per i diretti avversari. Due facce della stessa medaglia accomunate da una caratteristica d’eccezione: corsa, tanta corsa. E con intelligenza.

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Niente di tutto questo, l’abbiamo accennato, nel primo assaggio di stagione. Poca brillantezza e tante difficoltà nella prima uscita all’Adriatico contro il Pescara, addirittura peggiore, se possibile, il rendimento nella sfida casalinga contro il Milan. Fuoco e fiamme, sulle ali, per il gruppo di Montella, pane duro per Ghoulam il moto perpetuo di Suso, autore – inoltre – del goal del momentaneo pareggio con un’autentica prodezza. Ogni spunto, ogni falcata dell’ex Genoa una tacca ad attestare le difficoltà del mancino di Saint-Pries-en-Jarez. Meno peggio, ma lontanissimo dai suo standard, il classe ’94 di Scutari. Duello rusticano con un incontenibile Niang, domato a più riprese ma che quando è riuscito a trovare il varco giusto ha fatto male, nel profondo, come in occasione dello squillo dell’1-2 che ha riaperto la disfida. O agli albori della gara, quando il giovane rossonero ha confezionato un vero e proprio cioccolattino sprecato dall’accorrente – solissimo – Abate. Peso specifico nelle gambe e nella mente, influenza diretta anche sul giusto contributo in fase propositiva, mai realmente all’altezza. Cronaca di 90′ difficili, che senza un rendimento superlativo nella metà campo avversaria avrebbe rappresentato la seconda battuta d’arresto, altri punti lasciati scorrere via nel corso di un’annata ancora tutta da affrontare.

Condizione fisica lontana dall’eccellenza, ma non solo. Equilibri da ritrovare, subito. Per una linea come quella del tecnico partenopeo, che difende altissima, fino a stringersi come un pugno ricolmo di inscalfibile compattezza, il lavoro dei due esterni azzurri non può essere una semplice opzione. Certezza, ecco cosa ricerca Sarri dai suoi pretoriani, da ritrovare a cortissimo giro. La mission difensiva, ritrovando gli equilibri perduti, passa anche da qui.

Edoardo Brancaccio

 

 

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