“120 milioni in nero fatturati da terzi estranei al Napoli”: la piaga del sommerso è un cappio al collo

Quando Erick Thohir, nel 2014, riuscì a strappare Michael Bolingbroke al Manchester United, molti tifosi non capirono l’importanza di aver inglobato nell’organigramma della società nerazzurra un dirigente preparatissimo. In Inghilterra era soprannominato “man of the match”; nel 2013 lo United era diventato, grazie a Bolingbroke, leader mondiale nei ricavi da match day: 127 milioni. Numeri distanti anni luce dai ricavi, non solo del Napoli, ma di tutti i grandi club italiani.

Perché purtroppo, nel nostro Paese, persiste ancora una piaga che rappresenta per i club calcistici un vero e proprio cappio al collo: il mondo del sommerso, del falso, che ogni domenica (e non solo) priva le società di incassi importanti, che potrebbero servire a rinforzare i progetti e a migliorare le squadre.

de laurentiis napoli dimaro

Aurelio De Laurentiis è riuscito a quantificare il danno: “Il marketing è tutto pezzottato. Ci sono 120 milioni di fatturato in nero ogni anno da parte di terzi estranei al Napoli”. Che si servono, appunto, del marchio del Napoli per vendere prodotti taroccati. Cento venti milioni di euro in più: il fatturato del Napoli, se il sommerso non esistesse o se fosse almeno ridotto al minimo, sarebbe il doppio di quello attuale.

Un problema che, come detto, non tocca solo la città di Napoli. Perché le bancarelle abusive che vendono sciarpe, bandiere e gadget delle squadre si vedono all’esterno di ogni stadio in Italia. Sono le istituzioni allora che dovrebbero fare qualcosa in più per tutelare i club. E anche in fretta: il calcio italiano ha tantissimi problemi da risolvere, questo è uno dei più importanti.

Vincenzo Balzano

Twitter: @VinBalzano

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