Ci hanno rotto il calcio, noi l’aggiustiamo: il Napoli ora “deve” vincere lo scudetto!

La risposta migliore è sempre quella che arriva sul campo. Lo è perché insindacabile, vera, concreta. Lo è perché così lontana dalle parole, ma così vicina all’essenza del gioco. Lo è perché di polemiche ci si può pure nutrire, ma non di certo campare. Ecco: il presupposto è più o meno questo. O almeno lo è se vuoi vivere il calcio in maniera tanto passionale quanto distaccata, tanto focosa quanto lontana da certi luoghi comuni.

ROTTI – Sì, il calcio però ce l’hanno rotto. Ma non ce l’ha rotto un arbitro, né ci ha fatto male un fuorigioco non fischiato, per quanto grave: quello può capitare, così da una parte, così dall’altra. Ce l’ha annientato il sistema: non corrotto, o presumibilmente non più. Ma inaffidabile, criptico, troppo altalenante per lasciarsi andare alla purezza dello sport. Troppo vittima di una dietrologia che in Italia cavalca ignoranza, alimenta sospetti, insinua dubbi. Con la propria parte di ragione, sì: perché in ogni atteggiamento ce n’è, più o meno importante. E soprattutto con la propria parte di paura: che arrivi un altro scossone, che tutti questi sogni siano decisi ancor prima di partire. Che la finzione, per l’ennesima volta, abbia già rubato la realtà al campionato e ne stia ridendo fragorosamente.

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LA RISPOSTA – Come si può allora biasimare chi non crede più in nulla? Chi pensa sempre a cosa ci possa essere dietro, chi vede il ricco andare sempre a mille all’ora anche quando le regole non lo permetterebbero? È un mondo strano, il calcio. Dove fiducia e sfiducia sono costanti incostanti. No, non è uno scioglilingua: è che qui tutto è effimero, ma allo stesso tempo fondamentale per guardare avanti. Solo un elemento resta concreto: il gioco. Se fluido, se spumeggiante, se costruito perfettamente come quello di Sarri, allora tutto ritrova un senso. Come per magia, come una risposta dovuta e doverosa. Come una sorta di controbattuta a chi proprio non vuol smetterla d’essere se stesso. Così sbiadito, così potente, così crudelmente efficace.

RICONCILIARSI – Fortuna che certe corse sono lunghe, lunghissime. E che, pur rispettando i limiti, anche il Napoli può andare fortissimo. Sì, probabilmente l’immagine della corsa è quella più giusta, più vicina a quanto sta accadendo. Una maratona, a tratti infinita. Che di tanto in tanto sfodera i suoi ostacoli, le sue beffe e i suoi timori reverenziali. Come si fa a raggiungere la Juve, capitolo uno: continuare a correre. Quindi, aspettare, pazientare, sperare nel piccolo errore e allora sfruttarlo. Perché loro, il calcio, ce l’hanno rotto e continueranno a romperlo. Ma noi, noi azzurri, al limite lo aggiustiamo. Col fraseggio stretto, col pressing alto, col possesso infinito. Col destro a giro del Pipita, con quel tacco a liberare Mertens, con i tagli dentro di Callejon e l’estro d’Insigne. Con la gioia dello sport, di chi lo vuole pulito ed è convinto che un giorno – probabilmente all’improvviso – tutta la “buona sorte” è destinata a tornare indietro, a mo’ di karma. Che sarà pur strano, il mondo del calcio: ma noi vogliamo crederci ancora. Noi.

Cristiano Corbo

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