E adesso non venite a dirci che i tifosi erano lì perchè un lavoro non ce l’hanno…

E adesso non venite a dirci che i tifosi napoletani erano lì perchè un lavoro non ce l’hanno, che hanno tanto tempo a disposizione, che non hanno mai altro di meglio da fare. Cosa ha spinto tremila tifosi ad accogliere una squadra sconfitta a Torino dopo 88 minuti? Risposte non andrebbero date a chi non puó capire ma uno sforzo da parte nostra ci sembra opportuno quanto semplice.

14 febbraio, San Valentino. Dobbiamo aggiungere altro?

Eppure non serve un giorno speciale per chi ha scelto di vivere una vita intera con un cromosoma azzurro nel proprio circuito. Perchè non si spiegherebbe altrimenti quel qualcosa che spinge verso un aeroporto, in una notte fredda, solo per l’esigenza di dire “grazie”, nella migliore delle ipotesi da una decina di metri di distanza, a chi ti incendia l’anima di passione. E non lo fa soltanto un giorno all’anno, nella festa degli innamorati. Lo fa quando ti svegli e corri a leggere di lei, a “percorrere chilometri, superare gli ostacoli”, rinunciare a una tua fetta di vita che non avrebbe comunque colore.

Un “grazie” è il minimo che si può donare a chi ti ha reso speciale, non un tifoso qualunque, ma colorato di quell’energia unica che altri non possono comprendere.

San Valentino è il pretesto, l’occasione, niente di più: l’orgoglio per aver visto una squadra competitiva è la realtà, figlia della lungimiranza che ti porta a sognare di poter tornare a riempire Capodichino con un cuore meno colmo di rabbia e più carico di felicità.

Antonio Manzo

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