Amarezza, fortuna, razionalità e quel commento di Buffon: da Torino deve uscire un Napoli ancora più maturo

L’amarezza c’è ed è tanta. Perché una sfida così aveva tanta importanza. Mancano tredici finali da oggi, e probabilmente allo Stadium non sarebbe comunque stato un verdetto decisivo, ma il dispiacere resta. Perché Juve e Napoli si sono affrontate ad armi pari, senza timore, bloccate solo dalla paura di farsi male più del dovuto. La gara è stata chiusa, gli spazi erano pochissimi, gli attaccanti, da ambo i lati, sono stati praticamente assenti. Un episodio, serviva un episodio e così è stato: il tiro di Zaza ammutolisce una città e tutto il suo popolo. Dà un vantaggio alla Juve, una battaglia vinta sicuramente. Ma non la guerra. 

L’AMAREZZA – Perdere così è una beffa. Allo scadere, per una deviazione, al termine di una partita combattuta, con ritmi alti, con consapevolezza e rispetto reciproco. Higuain e compagni escono demoralizzati dalla sfida dello Stadium ma ora l’unico diktat accettabile è ripartire, subito. Perché una sconfitta ci può stare e spazio per l’amarezza ed il dispiacere non c’è. Eppure il Napoli ci era andato vicino: a pochi minuti dalla fine, il pareggio avrebbe avuto i suoi effetti positivi. Un’occasione, nitida, con Higuain, avrebbe forse cambiato le sorti del match ma lì vanno fatto i complimenti a Bonucci, sontuoso nel togliere dalla testa del Pipita la palla che avrebbe potuto regalare il vantaggio al Napoli nei primi quarantacinque minuti. Le occasioni sono state poche, pochissime. Allegri e Sarri hanno preparato al meglio la sfida, limitando i giocatori più pericolosi e rischiando il minimo. Serviva uno spunto e, per opera della malasorte, è nato dai piedi di Zaza.

LA FORTUNA – Quella gira e non sempre aiuta gli audaci. Magari, come sottolineato dallo stesso Sarri, predilige certi colori e, allo Juventus Stadium, l’azzurro non ha goduto di tale onore. Perché, ed è bene sottolinearlo, la rete di Zaza ha più fortuna che altro: si, certamente bravo lui ad osare un tiro dalla distanza, meno bravi i difensori azzurri ad accorciare ma la deviazione è opera di un destino beffardo che piega un Napoli apparentemente impiegabile ed indistruttibile. Perché è un episodio che ha deciso la gara, non certo la presunta superiorità di un avversario che, per lunghi tratti, ha ampiamente dimostrato di temere l’undici di Maurizio Sarri. Ma il campionato è lungo, le sfide sono tante, gli impegni logoranti, per tutti. La ruota della fortuna ha un solo pregio: gira, per tutti. E la ciclicità è quasi inevitabile. A Napoli si dice”oggi a me, domani a te” – ed è bene ricordarlo sempre.

LA RAZIONALITÀ – Alla fine serve anche quella: il Napoli ha tenuto testa alla Vecchia Signora e, nonostante la quarta sconfitta allo Stadium, il segnale è stato lanciato. Lo ha ammesso, senza mezzi termini, Gigi Buffon, il portierone della Juve, sia in settimana sia alla fine del match. Il Napoli è un avversario duro a morire, che non concede niente, che costringe le rivali a piegarsi e che venderà cara la pelle. C’è un aspetto che Maurizio Sarri, giustamente, sottolinea a fine gara: il Napoli ha reso la vita difficile alla squadra che, per quattro anni, ha vinto quattro scudetti e conquistato, tra le altre cose, una finale di Champions League. Al termine dei novantatré minuti il Napoli esce rinforzato, sotto questo aspetto. Una gara giocata senza paura dell’avversario, da grande squadra, con l’attenzione giusta e capace di impensierie una Juve accorta e guardinga, he per tutta la gara ha dimostrato, per il gioco visto, rispetto per una rivale quasi alla pari. Esatto, quasi. Perché manca qualcosa. La sconfitta di Torino significa, ancora una volta, crescita. Ed il Napoli sta crescendo, a Torino, dalla mentalità e dai ritmi della partita, si è visto eccome.

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