Meno contropiede, più cervello: è un Napoli ‘pensato’, quindi diverso da tutti gli altri

Di norma, creare tanto e concedere poco equivale anche a vincere. È che forse, come spesso accade, ha ragione mister Sarri: più di tutto, è mancato un “pizzico di culo”. Licenza poco poetica, ma estremamente efficace: perché in un Napoli assolutamente ben messo in campo, c’è stato un botta e risposta tra cinismo e fortuna. Alla fine? Un knock down alla soddisfazione da primo posto. Ma non al sogno scudetto.

SOLIDITA’ DIFENSIVA – Ci sarà tempo per guardare tutti dall’alto, e la partita di Marassi ha finito solo per certificarlo: gli azzurri sono quadrati e pericolosi, e sanno farsi anche rispettare nella mischia. Quattordici contrasti effettuati: tutti riusciti. E in mezzo al campo, ben sessantaquattro palle recuperate. Certo, Perotti va. E poi Laxalt semina spavento. Ma non raccoglie paura, non lo fa mai. Perché il binomio Albiol-Koulibaly va a caccia di garanzie e torna con quel che resta di Pavoletti. E perché, sopra ogni cosa, il lavoro dei terzini è il miglior bigliettino da visita dell’era Sarri: su e giù con disinvoltura e attenzione. Solo correndo, mai rincorrendo. Nel mezzo: diagonali, chiusure e appoggi. E neanche un errore.

ADDIO CONTROPIEDE – Altri tempi, altra mentalità. Che non sempre però frutta strappi positivi. Come sui contropiedi, ad esempio: vecchio, magico pallino dell’era Mazzarri. Ora inteso in un modo totalmente diverso da quel “palla a Cavani e pedalare”. Qualcuno c’aveva fatto il callo, qualcun altro già allora aveva iniziato a delinearne i limiti: che esistono, eccome. E si palesano ogniqualvolta gli azzurri finiscono per rimbalzare contro il muro altrui. Da qui, l’allargamento del gioco, il tocco dentro. L’estro dei campioni. Ecco: con un Genoa spesso aperto, paradossalmente, oggi sarebbe servita un po’ di quella polvere di stelle, una di quelle corse fumanti verso la porta. Nei sei break a centrocampo a favore del Napoli, il tentativo a rete è risultato sempre forzato e mai realmente costruito con superiorità numerica. Per tanti nuovi pregi, anche un piccolo difetto. “Ci può stare”, direbbe qualcuno.

POSSESSO E GIOCO – Come ci può stare la nuova veste dei partenopei: ragionati e mai frettolosi. Anzi: quando accelera senza raziocinio, finisce sempre per strafare. Quindi, sbagliare. Fortuna che gli episodi restano episodi, e che la partita sia un’altra cosa. Perché lì nel mezzo, il sessantasei percento del gioco passa tra piedi azzurri. Tanto, tantissimo con una squadra come il Genoa. E tanti sono anche i passaggi: addirittura 552, dei quali appena cinquantatré definibili lunghi. Cosa significa? Che ben 499 – praticamente il doppio degli avversari – sono scambi stretti e vicini. Ma non a mo’ di tikitaka, tantomeno possesso fine a se stesso. Scambi pensati, architettati: con l’obiettivo di pungere e farlo attraverso un coro che canta la stessa strofa. Quest’oggi, tanto orecchiabile ma non da primo posto in classifica. Il futuro, di questo passo, saprà regalare solo hit di successo.

Cristiano Corbo

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