Un caffè con Benitez, De Laurentiis ed Higuain

Questione di fame. Ha ragione Luca Toni quando ne parla, quando si appella alla più grande differenza tra Napoli e Verona, emersa ieri pomeriggio al “Bentegodi”. Forse, alle 18 i giocatori azzurri sono ancora satolli dal consueto pranzo domenicale all’ombra del Vesuvio, forse si considerano gli scaligeri come un antipasto o quel pesciolino rosso alla base della catena alimentare. I gialloblù si sono palesati invece come un pericoloso piranha che in un sol boccone ha divorato il Napoli, riempendosi lo stomaco. Loro che, di fame di punti e di vittorie, ne avevano davvero tanta, troppa. La fame ai tifosi è passata dopo lo spettacolo di ieri. E come dare loro torto: il secondo posto si allontana e forse anche il terzo. C’è qualcosa alla quale però i napoletani non possono mai rinunciare, anche in un lunedì grigio come questo: al caffè. Ed io un caffè vorrei prendermelo proprio con Benitez, De Laurentiis ed Higuain, per porre alla loro attenzione un paio di quesiti che riecheggiano ormai da tempo nelle nostre menti. E con un paio di cucchiaini di zucchero, tutto può essere meno amaro da digerire.

Caffè ristretto. A Don Rafè offrirei un bel caffè ristretto, di quelli da mandare giù tutti d’un sorso. Bollenti, forti, senza troppo zucchero. Un po’ amari. La prima domanda è a bruciapelo: “Signor Benitez, quanto di davvero suo c’è in questo Napoli?”. Forse ovvia, scontata ma dovuta. Dalle pedine al temperamento, fino ad un mercato troppo diverso dalle aspettative, continua a palesarsi l’idea che in realtà il tecnico spagnolo si sia fortemente adattato e che spesso è la squadra a non seguirlo. La mancanza di maturità e forse anche di stimoli da parte dei ragazzi azzurri alla quale si appella ormai costantemente ne è l’esempio lampante. Se è vero che spesso, in gare meno blasonate come quelle contro Torino, Palermo e Verona solo per citare le ultime, è più difficile darsi quella carica degna dei big match che dovrebbe essere trasmessa anche dall’esterno, è altrettanto realtà che, per dei campioni conclamati la sete di vittoria dovrebbe essere all’ordine del giorno. Seconda domanda: “Quanto è in termini di risultati davvero un problema l’integralismo tattico di un 4-2-3-1 che contro determinati tipi di avversari si rivela un modulo flop?” Questa è il famoso interrogativo da un milione di dollari. Ultimo sorso di caffè e via con la risposta.

Cappuccino mattutino. Dopo la chiacchierata con Benitez, parlerei con il presidente De Laurentiis. Per lui un cappuccino cremoso e schiumoso, che rappresenta al meglio il cammino del Napoli. Ciò che vediamo noi è la parte superiore ma sul fondo c’è qualcosa di intentato ed inesplorato, che solo chi è all’interno conosce ed assapora. Anche per lui un paio di bustine di zucchero, calma e gesso ed una prima domanda a bruciapelo: “Presidente, con questa squadra ed una ritrovata continuità si poteva davvero vincere lo Scudetto?“. Ovvio che la risposta molto probabilmente sia un secco si, ma può darsi non sia così scontata come sembra. Non è solo questione di nomi, di blasone: il Verona ha vinto e convinto con una rosa ben inferiore in termini di qualità, tecnica e peso economico al Napoli stesso, bensì di motivazioni. Più Gargano ed Higuain in campo insomma: è forse davvero questo ciò che manca agli azzurri, insieme alla presenza di qualche malumore che mina la serenità di un camino già compromesso ad agosto, con la prematura ed inaspettata eliminazione dai play off di Champions League. Seconda e dovuta domanda: “Quando il Napoli farà davvero il salto di qualità con un mercato all’altezza di Juventus ed una rosa completa in ogni reparto?” Importante capire strategie e meccanismi, partendo alla fonte della costruzione del presente e del futuro partenopeo. Perché, è da Dimaro che i conti non tornano, e paradossalmente con una Champions non confermata la prossima stagione, sarebbe tutto il progetto partenopeo a vacillare, con l’addio di numerosi big, Benitez compreso.

Acqua e saluti. Infine, parlerei con lui, il Pipita. Il giocatore che mi ricorda me stessa, sempre arrabbiato, fin troppo responsabile, dall’immagine dura ma in realtà fragile. “Gonzalo, che sta succedendo al Napoli?” E me lo immagino lì, con gli occhi rossi di sangue, ad enumerare ogni errore, ogni mancanza, ogni momento in cui il gruppo si è sfaldato. Di quella delusione a Bilbao e della gioia a Doha, di quanto faccia male conoscere il paradiso e poi l’inferno in un secondo, di dare meno del previsto quando invece si può e deve dare tutto. Di deludere i tifosi ma anche se stesso. Si addosserebbe la colpa, imputando i cali di concentrazione al tour de force, ai cambi repentini in rosa, ad un’avversaria sempre affamata. Ed anche alla Juve ed alla Roma, promettendo battaglia. Beve, ma acqua. Si vuole alzare, ma gli faccio un’ultima domanda. “Pipita, credete davvero a proseguire inarrestabili su tutti e tre i fronti con un tour de force che vacilla ed una rosa incompleta tra infortuni e defezioni o, psicologicamente, puntate tutto sull’Europa League?” Un sorriso, due parole ed un saluto. Così avremmo sicuramente le idee molto più chiare.

Alessia Bartiromo
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