Sogni, ambizioni e l’azzurro cucito sulla pelle. Callejon ormai leader di un gruppo che non deve porsi limiti

Umiltà, impegno, abnegazione assoluta per una causa in cui è diventato assoluto protagonista. Per Josè Callejon l’azzurro non potrà mai essere un colore come un altro, certo, il primo amore non si scorda mai, e se hai avuto l’onore di indossare la camiseta blanca, vincere titoli, duettare con atleti di livello assoluto, calcando il terreno di quello stadio, il Bernabeu, sognato da bambino, non può essere altrimenti. Il Real sarà sempre il Real, la sua squadra del cuore, ma per Calleti Napoli ricopre uno spazio intangibile, nelle gioie, ad oggi tante, e nei dolori, alcuni, vissuti in questa sua luminosa esperienza azzurra.

Un flusso costante di emozioni e propositi, la sua lunga intervista per le colonne del Corriere dello Sport, l’essenza stessa del campione, del professionista inappuntabile. Una continua sfida con se stesso: “Segno meno di un anno fa, ma mica poi tanto; ho gli stessi gol in campionato, nove, e mi mancano quelli in Europa e quelli in coppa Italia, per un totale di quattro reti però mancano ancora cinque mesi ed io sono uno che mantiene le promesse: avevo annunciato che avrei segnato ventuno gol e ci riuscirò, perché voglio battermi”Quella costante voglia di migliorarsi, di lavorare per maturare, sempre, senza sosta. Perché a ventotto anni da compiere se si vuole, se si può, si può continuare a crescere, dimostrare, continuare a coltivare i sogni più reconditi e ambiziosi: “Fare un Mondiale con la maglia della Spagna e magari vivere una finale; tornare a giocare sul campo del Real Madrid, con la maglia del Napoli, e sfidare la mia squadra del cuore in Champions, meglio ancora in finale”. Utopia? Forse, ma l’emblema di quanto ormai quella maglia, quel numero 7 che tante volte ha fatto sobbalzare di gioia e stupore il pubblico partenopeo, sia ormai ben saldo sulle sue spalle. Del resto è con l’ambizione che si costruiscono i trionfi, con la voglia di emergere che si raggiungono i risultati.

Di grinta Callejon ne ha a profusione, quell’out destro macinato con costanza, metro dopo metro, chilometro dopo chilometro, è lì ad attestare, a certificare il valore di quell’oculato innesto dell’estate 2013, mutato, nel tempo, in un investimento strepitoso. Voglia di vincere, di accantonare i momenti difficili che hanno pregiudicato tanto, in particolar modo ad inizio stagione, Bilbao una ferita pulsante, il rimpianto per gli errori commessi, superati grazie al lavoro, fino alla magia di Doha. Due titoli in un anno, eccezionali per il palmarès azzurro, non male per chi tra i trofei è cresciuto. Un po’ di spirito Real all’ombra del Vesuvio. La voglia di non porsi semplici obiettivi, fiato sul collo alla Roma alla ricerca del secondo posto: “Sono in vantaggio, ma hanno qualche problema: hanno perso De Rossi e Strootman, è partito Destro, non riescono a vincere con la stessa continuità del passato. Sarà una sfida appassionata”. Ovvio guardarsi dalle avversarie per la terza piazza, ma l’orizzonte non può discostarsi dai colori giallorossi, dal ritorno diretto in quella competizione che deve essere una costante, non un privilegio. A fare da contorno, ma neanche tanto, l’imperativo nelle coppe, Europa League e Coppa Italia, tutte da affrontare a viso aperto, perché vincere aiuta a vincere e sulle sponde di Partenope quel sapore si è riscoperto da poco. Del resto, il proposito è fin troppo lampante: “Voglio vincere a Napoli”. Callejon e Napoli, un’unica unità d’intenti, c’è un popolo che non attende altro.

Edoardo Brancaccio

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