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«La grinta ce l’hai nel sangue, nel dna. Un allenatore, anche se bravo e meticoloso come lo è Mazzarri, ti può aiutare a esprimerti meglio. Ma il coraggio e l’agonismo sono due elementi che non ti insegna nessuno». Pure Salvatore Bagni nella sua vita da mediano non ha mai fatto distinzioni: anche per lui l’importante era andare al massimo. Sempre.

Bagni, come funziona?
«Quando vinci una partita, quando vedi che le cose girano per il verso giusto voli sull’entusiasmo, non senti più la fatica. Ti riposi ma poi, quando torni in campo, vai a mille per quello che hai fatto e quello che hai ancora la voglia di fare».

Chi è il simbolo di questa voglia di lottare del Napoli?
«Paolo Cannavaro. La sua metamorfosi da quando è arrivato a Napoli è stupefacente: circondato dai dubbi, dalle perplessità e dalle ombre del fratello super campione è riuscito a entrare nel cuore di tutti per quella voglia di dare sempre il massimo e di non tirare mai indietro la gamba. Puntando sempre e solo sul lavoro. Queste cose i tifosi le vedono e le apprezzano».

È il segnale del cosiddetto attaccamento alla maglia?
«E vi sembra poco? Ne ho conosciuti di giocatori che davanti ai microfoni facevano dichiarazioni d’amore ai tifosi e poi alla prima distorsione a un dito dicevano di non voler rischiare…».

Lei non ha mai saltato una gara per infortunio?
«Mai. Ho fatto qualsiasi cosa pur di giocare. E non è un caso che nel Perugia, nell’Inter e nel Napoli, le squadre dove ho giocato, sono rimasto nel cuore dei tifosi».

Il turbante di Behrami ha ricordato un po’ la sua fasciatura intorno al ginocchio.
«Ma io avevo più dolore, lo dico con certezza. Quando si prende una botta in testa, a parte il sangue, le conseguenze sono minime. Però è bello il segnale che ha dato: è tornato subito in campo, senza paura. Questo significa essere un leader».

Behrami è il suo erede?
«Sì, forse più di Inler. Sia per le caratteristiche agonistiche che per la grande determinazione. A Napoli con Mazzarri gioca in un ruolo nuovo, che a me sembra lui prediliga rispetto alla fascia. Quella che è stata anche la mia metamorfosi».

Marchesi, estate dell’82. Quando era all’Inter.
«Esatto. È stata la svolta della mia carriera. Da tornante a mediano. Ho dimostrato grande personalità e rendimento».

Il Napoli ha tanti guerrieri, come lo è stato lei?
«Sì. Spesso per loro non ci sono le copertine che hanno Cavani e Insigne ma credetemi, spesso si vince più grazie ai portatori d’acqua che alle stelle».

L’etichetta di guerriero la infastidisce?
«È stato tutto un po’ pompato. Se entravo deciso, dicevano: quello è abituato a menare. Però io non ho mai spaccato la gamba a nessuno. Sono soltanto abituato a dare tutto. E per questo io adoro i giocatori che, come me, non tirano mai indietro la gamba».

Che cosa legge Salvatore Bagni nel futuro del Napoli?
«È ora di vincere qualcosa d’importante. E parlo dello scudetto. A mio giudizio quest’anno gli azzurri sono molto più forti. Gioco, mentalità ed esperienza li hanno trasformati in una squadra vera».

Cosa manca ancora?
«Devono battere la Juventus a Torino. Come facemmo noi 25 anni fa. Quel giorno capimmo che avremmo vinto il campionato. Il Napoli dopo la sosta sfida i bianconeri, vero?».

Fonte Il Mattino

Raffaele Nappi

Articolo modificato 3 Ott 2012 - 09:51

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