La notte di Diawara è il ritratto di questo Napoli, sulla strada verso la consapevolezza

Quella di ieri non è stata una serata qualunque. Non lo era per il calcio, che ha visto scontrarsi due tra le squadre più in forma del momento e incontrarsi i due allenatori più spettacolari. Ma senza entrare nel merito delle infinite considerazioni da spendersi su Sarri e Guardiola, alfieri delle idee, c’è chi ha vissuto forse la serata più significativa della sua vita. 

Amadou Diawara sta per entrare in campo, la sfida è di quelle che stenti a credere, a soli vent’anni, di poter vivere da protagonista. Il Napoli sfida il Manchester City. Il City di De Bruyne, Sanè, Sterling e chi più ne ha più ne metta. In panchina, però, c’è un uomo che ha fatto la storia recente dei Citizens. Si tratta di Yaya Tourè, il numero 42 degli inglesi. Già, il 42: Diawara incontra il suo idolo, la sua massima aspirazione, la ragione per cui il calciatore del Napoli indossa quel numero.

L’incontro nel tunnel che porta al campo deve destargli non poche emozioni. Emozioni che forse giocano con gli altri sentimenti che possono pervadere un animo dopo un avvio come quello del Manchester City. L’impeto è insostenibile, gli azzurri non riescono a tenere palla per via di un pressing asfissiante e di un’assenza di un punto di riferimento. La mobilità e l’apporto di Jorginho in fase di costruzione sono l’elemento mancante di un avvio che vede un Diawara avulso dal gioco, sia in costruzione che in chiusura. La paura percepita dalla maggior parte dei compagni lo travolge, minando le sue certezze e la sua personalità.

Dopo un quarto d’ora di apnea, però, il Napoli inizia a tenere palla, a riappropriarsi dei suoi mezzi, a sciogliere la tensione. Lentamente, la fiducia inizia a sussurrare all’orecchio degli azzurri che possono giocarla questa partita. Con il ritorno del gruppo, cresce anche il contributo di Diawara, che entra in campo dopo l’intervallo con tutt’altro piglio, come del resto il Napoli tutto. Poi, la speranza.

Faouzi Ghoulam, sfacciato come richiesto da Sarri, intraprende una percussione centrale, una serpentina che termina per un intervento ai suoi danni nell’area del City: è calcio di rigore. Lo è stato anche nel primo tempo, ma la psiche talvolta può essere fatale e infatti Mertens ha calciato male, colpendo Ederson. Ora c’è un’altra occasione. C’è titubanza su chi lo batterà, tutti si aspettano la rivincita di Mertens, ma a posizionare il pallone sul dischetto è un’altra persona. Diawara prende la sfera, chiede consenso al belga e si presenta dal dischetto. Ederson intuisce, ma la palla è tesa e angolata, nulla da fare. Amadou Diawara segna il suo primo gol in carriera. Lo fa in un momento delicato, in uno stadio difficilissimo, con una personalità disarmante. 

La serata di Diawara è il ritratto di questo Napoli. Una squadra promettente che incontra una sua versione più forte, che sulle prime cede alla portata della gara e poi, con un po’ di fiducia, mette in mostra una personalità che può e deve prescindere dal contesto, arrivando ad essere consapevolezza, piena, anche in Europa.

MARCO BREGLIO

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