Sperando sia un arrivederci

Ieri alle 19:45, si è ufficialmente conclusa una delle stagioni più belle della storia del Napoli. L’ultima giornata di campionato, come spesso accade, oltre al verdetto finale, porta con sé una scia di emozioni spesso contrastanti tra loro. Un misto di soddisfazione e orgoglio per quanto fatto, ma anche di malinconia e rimpianto, per quanto poteva essere ed invece non è stato.

L’ultima giornata è sopratutto quella degli arrivederci. Un ultimo abbraccio a quei giocatori, a quello stadio a quelle emozioni che solo questo gioco riesce a regalarci. Ieri al San Paolo però è stata più la giornata degli adii. Sono in tanti quelli che hanno vestito l’azzurro per l’ultima volta, sia dentro che fuori dal campo. Il destino di alcuni è ancora in bilico, a partire dal tecnico Maurizio Sarri, il grande artefice di questa squadra spettacolare e memorabile anche senza titoli, fino ad arrivare ad alcuni elementi portanti dello spogliatoio come Jorginho, Mertens, Koulibaly, Callejon, Ghoulam e Albiol. Se li rivedremo in campo a Fuorigrotta sarà solo il tempo a dirlo, per altri invece il futuro è già segnato.

Giovanni D’avino, storico fisioterapista azzurro, che per tredici anni ha curato gli acciacchi dei tanti passati da Castel Volturno, l’anno prossimo si occuperà di indirizzare i più giovani verso la professione. Rafael Cabal e Pepe Reina, due portieri accostabili per il ruolo ma nient’altro, il primo arrivato con le stigmate di futuro campione, non è mai riuscito ad incidere in azzurro e verrà ricordato più per la serietà e professionalità dimostrate che per quanto fatto in campo. Il secondo, il grande campione, l’uomo d’esperienza e personalità arrivato a Napoli per seguire il mentore Benitez, nel tempo passato all’ombra del Vesuvio è riuscito a creare un rapporto viscerale con l’ambiente, che lo ha reso un napoletano d’adozione, l’anno prossimo i suoi guantoni saranno rossoneri ma una parte del cuore resterà sicuramente azzurro.

Il saluto più grande, l’addio più commovente e sentito però è stato riservato a Christian Maggio, omaggiato dalla società con una maglia celebrativa e dai tifosi con uno striscione “sei l’esempio“.Dopo dieci stagioni passate a macinare chilometri su chilometri sulla fascia destra, è arrivato il momento dell’ultimo inchino per il vicentino napoletano. Insieme ad Hamsik, negli anni è diventato la memoria storica di questo Napoli, arrivato nel secondo anno di Reja è stato testimone della crescita della squadra, facendone parte da titolare inamovibile fino all’arrivo di Sarri. Di lui il pubblico ha sempre apprezzato il gran cuore, la grinta, l’impegno la dedizione, perché Maggio è uno di quelli che la maglia l’ha sempre sudata, compensando spesso con il sacrificio gli evidenti limiti tecnici. In dieci stagioni, mai una parola fuori posto, mai un comportamento scorretto, mai una dichiarazione da ritrattare con i giornali, innamorato della città che ha vissuto a trecentosessanta gradi con la moglie Valeria, compagna di una vita, conosciuta a tredici anni in quel di Vicenza e i figli Matteo e la piccola Matilda nati entrambi all’ombra del Vesuvio che lo hanno accompagnato nell’ultimo giro di campo per i saluti finali. Unica nota stonata, nella grande commozione generale di ieri, il suo non ingresso in campo, una passerella che il numero undici avrebbe ampiamente meritato per quanto fatto e dimostrato, un gesto incomprensibile da parte di Sarri che spesso ha dimostrato di essere uomo sensibile ai momenti, peccato. Il futuro ora sarà tutto da scrivere, in tanti lo cercano, lui si sente ancora pronto fisicamente e valuta le offerte. Il nostro augurio è che questo non sia un vero e proprio addio ma solo un lungo arrivederci, per tornare magari tra qualche anno in società, perché uomini come Christian Maggio meglio trovarli e tenerseli stretti che perderli… chapeau.

 

 

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